Spagna, prove di nuova maggioranza: Sanchez si salva con l'aiuto della destra liberista

Pedro Sanchez
di Elena Marisol Brandolini
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Giovedì 7 Maggio 2020, 11:18
Da una settimana, in Spagna l’incremento di nuovi casi di Covid19 si mantiene tra lo 0,6% e lo 0,3%, accompagnando la “desescalada” dal confinamento iniziata lo scorso 4 maggio. La pandemia nel paese iberico ha fin qui causato oltre 25.000 vittime mortali e le conseguenze, sul piano economico e sociale, si presentano molto gravi, con una caduta del Pil superiore al 9% per quest’anno, una perdita di posizioni contributive di circa un milione di unità e 600.000 nuovi disoccupati nei soli mesi tra marzo e aprile. In questa situazione, il presidente del governo Pedro Sánchez si è presentato ieri nel Congresso dei deputati per chiedere la quarta proroga per ulteriori 15 giorni dello Stato di allarme proclamato lo scorso 14 marzo. Perché, sostiene il governo, confortato in questo dalla gran parte dei costituzionalisti, lo Stato di allarme è l’unico strumento legale previsto nell’ordinamento spagnolo per limitare la libertà di movimento delle persone e perciò indispensabile per garantire una seconda fase ordinata su tutto il territorio. E la proroga è passata, ma con meno voti delle volte precedenti, 178, 75 contrari e 97 astensioni. Perché questa volta, il PP ha cambiato il suo voto favorevole in astensione ed Esquerra Republicana, rivendicando il ritorno di competenze alla Catalogna, ha deciso di consumare la rottura temporanea con l’Esecutivo spagnolo già operata dagli altri partiti dell’indipendentismo catalano, JxCat e la CUP, votando contro.

Da quando è iniziata l’epidemia, la destra spagnola ha accusato Sánchez di tutto, dal ritardo nell’intervento al conteggio delle vittime mortali, anche se il numero di decessi proviene dalle Comunità Autonome e se fino alla seconda settimana di marzo tutta la politica spagnola parlava del Covid19 come di un virus cinese diffuso in Europa dall’Italia. Ma la destra spagnola ha deciso di utilizzare l’emergenza sanitaria per indebolire la maggioranza di governo, con un attacco frontale alla componente di Podemos, accusata d’imporre un’uscita dalla crisi «verso la nazionalizzazione». Questa volta, davanti al voto non favorevole del PP e a quello contrario di Esquerra, Sánchez ha cercato appoggio in Ciudadanos e nel Partito nazionalista basco. Ed entrambi hanno risposto positivamente all’appello. La formazione arancione guidata da Inés Arrimadas ha stretto un accordo col presidente del governo che la legittima come opposizione responsabile. Mentre il PNV ha insisitito sul fatto che lo Stato di allarme non può essere mantenuto perennemente e che nelle prossime due settimane bisognerà cominciare a preparare il futuro, restituendo protagonismo alle Comunità Autonome. Anche gli indipendentisti baschi di Bildu, pur nella critica, hanno scelto di mantenersi nell’astensione per non aggiungere maggiore incertezza. Quello che è successo è perciò un cambio, parziale e almeno temporaneo, della maggioranza parlamentare che sostenne il governo di coalizione appena due mesi prima dello scoppio della pandemia. Ciudadanos, partito della destra liberista, proponendosi come alleato principale del governo ha sostituito in questo ruolo Esquerra, risucchiata dall’infinita competizione elettorale con gli indipendentisti di Puigdemont. E questo potrebbe avere conseguenze nel futuro, anche nel ridisegnare le politiche per la ripresa economica e sociale.

Ma sono un po’ tutti i partiti e molte delle Comunità Autonome a criticare l’attitudine di riaccentramento e unilateralità delle decisioni che il governo ha mantenuto fin qui e a chiederne con urgenza un cambiamento. Perché se c’è una cosa che questa crisi ha evidenziato, tra le altre, è la difficoltà in Spagna di costruire una cooperazione effettiva tra i diversi livelli istituzionali, nel reciproco rispetto di competenze e prerogative. Perciò Sánchez, per far passare la nuova proroga dello Stato di allarme, si è impegnato a rafforzare il sistema di co-governance.  
 
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