Oxfam: accordo Italia-Libia sui migranti continua a provocare morti nel Mediterraneo

Sbarco a Pozzallo nel 2016 (foto AlessandroRota - Oxfam)
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Venerdì 1 Febbraio 2019, 17:11
A due anni dalla firma, l’accordo Italia-Libia sulle migrazioni, sostenuto dall’Unione europea, continua a produrre morti nel Mediterraneo e a favorire la detenzione nei centri libici di migliaia di uomini, donne e bambini in fuga da guerre e fame. In due anni sono annegate 5.300 persone, di cui 4000 solo nella rotta del Mediterraneo centrale. Lo sostiene il nuovo rapporto diffuso oggi da Oxfam Italia e Borderline Sicilia, che analizza la strategia messa in atto dal governo italiano e dall’Ue, che - incurante dei vincoli del diritto internazionale - mostra tutta la sua inadeguatezza nella gestione di politiche di ingressi regolari nel nostro continente e di meccanismi di redistribuzione automatica dei migranti tra gli Stati membri. 
 
L’accordo Italia – Libia di due anni fa ha «causato un vero e proprio scacco ai diritti umani, generando effetti disastrosi sul tasso di mortalità nella rotta del Mediterraneo centrale passato da 1 vittima ogni 38 arrivi nel 2017 a 1 ogni 14 nel 2018 - ha detto Paolo Pezzati, policy advisor per la crisi migratoria di Oxfam Italia -. Si sono contati 1.311 tra morti e dispersi lo scorso anno e allo stesso tempo sono peggiorate drammaticamente le condizioni di vita dei migranti in Libia. È necessaria un’inversione di rotta, verso l’attuazione di politiche di aiuto e cooperazione improntate al rispetto dei diritti umani e alla costruzione di un ambiente sicuro in Libia e in Europa».
 
«Riteniamo gravissimo che a due anni di distanza dalla firma del memorandum (mai ratificato dal Parlamento), alla luce degli innumerevoli rapporti internazionali che hanno denunciato la mancanza del rispetto dei diritti umani e la forte instabilità che continua a caratterizzare la Libia, l'Italia e l'Europa perseverino in politiche migratorie che saranno ricordate dalla storia come un crimine contro l'umanità», aggiunge Paola Ottaviano, avvocato di Borderline Sicilia. 
 
«Nel 2018, la guardia costiera libica ha intercettato 15.000 persone e le ha riportate indietro esponendole nuovamente a condizioni disumane - aggiunge Pezzati -. Attualmente, 6.400 persone sono intrappolate in luoghi di detenzione ufficiali in Libia, ma molte di sono detenute in “carceri non ufficiali”, alcune delle quali gestite direttamente da gruppi armati libici. Non solo: secondo l'ONU, anche i centri ufficiali in diversi casi sono gestiti dalle stesse persone che sono coinvolte nella tratta di esseri umani e nel traffico di persone - che proprio l'UE e l’Italia si sono impegnate a combattere. Pertanto, riportare i migranti in Libia non fa che alimentare il traffico di esseri umani».

Tra il 2014 e il 2017, le navi delle ong nel Mediterraneo, sottolinea ancora Oxfam, hanno salvato la vita di 114.910 persone a fronte delle 611.414 soccorse, pari al 18,8% del totale. Nonostante questo la campagna di screditamento e criminalizzazione partita nel 2017, che non ha generato alcuna condanna giudiziaria, ha determinato mancanza di soccorsi in mare; violazioni dei diritti umani ai danni dei migranti, perpetrati dalla Guardia costiera libica nel corso delle operazioni di salvataggio; ritardi nella segnalazione di naufragi, non denunciati anche per diversi giorni.
 
«Di fronte a tutto questo chiediamo con forza all’Italia di revocare l’accordo con le autorità libiche, in accordo con l’Ue e altri Paesi europei - conclude Pezzati -. Per questo oggi assieme a 50 organizzazioni abbiamo inviato una lettera aperta ai Governi degli stati membri, con la richiesta di impedire che i migranti salvati in mare vengano riportati nell’inferno della Libia. Allo stesso tempo, facciamo appello all’Italia affinché interrompa la politica dei porti chiusi e al contrario si faccia promotrice a livello europeo di una nuova missione salvataggio nel Mediterraneo. All’Unione europea chiediamo di fare tutti gli sforzi diplomatici possibili, affinché gli stati membri approvino nel Consiglio Europeo la Riforma del trattato di Dublino come votata dal Parlamento Europeo, con la previsione di una redistribuzione automatica dei richiedenti asilo».
 
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