Come si vince un Oscar? Sesso, soldi, spin-doctor e pubblicità: la strategia Weinstein non è mai finita

Vincono i film migliori? Solo a volte. Ecco tutti i retroscena di Hollywood (e non solo)

Come si vince un Oscar? Sesso, soldi, campagne mediatiche e spin-doctor: la strategia Weinstein non è mai finita
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Mercoledì 28 Febbraio 2024, 12:43 - Ultimo aggiornamento: 12:46

Forse nessuno ha mai sentito parlare del film olandese «Character» del 1997, mediocre dramma del regista Mike van Diem. Eppure ha vinto l'Oscar come miglior film in lingua straniera. Stessa sorte per «L'albero di Antonia», lungometraggio senza senza infamia e senza lode del 1995 diretto dalla regista Marleen Gorris. All'inizio degli anni Duemila, i Paesi Bassi hanno prodotto altri successi agli Oscar, ottenendo nomination per i film drammatici «Twin Sisters» (2002) e «Zus & Zo» (2001). Pellicole di cui avremmo fatto volentieri a meno. Secondo Geoffrey Macnab, autore che scrive di cinema per il Guardian, l'Independent e Screen International, questo successo è stato il risultato di una strategia ben oliata e messa in campo dall'industria cinematografica olandese, esportata direttamente da Hollywood.

Il caso dei Paesi Bassi

«A quei tempi, [gli elettori dell'Accademia] erano tutti pensionati, tutti anziani», dice Claudia Landsberger, che allora era a capo dell'agenzia di promozione cinematografica olandese Holland Film. Proiettavano incessantemente i film e pubblicavano annunci sulle riviste di settore. «Si facevano festa anche nelle residenza del Consolato. E gli incontri con i membri da parte dei registi avvenivano con frequenza, troppa frequenza».Nell'arco di sette anni, gli olandesi hanno ottenuto quattro nomination agli Oscar e due vittorie – per film che la maggior parte del pubblico al di fuori dei Paesi Bassi non sapeva nemmeno che esistessero. Il loro successo si riduce a una scomoda verità: le campagne di premiazione. Non sono necessariamente i film migliori a vincere, ma quelli che vengono commercializzati con più astuzia.

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Le date giuste

A volte può essere semplice come scegliere le date giuste. Quest'anno, molti spettatori britannici sono rimasti sconcertati dalla decisione di far uscire il film di Alexander Payne, candidato all'Oscar, The Holdovers – una calda commedia drammatica ambientata durante le vacanze di Natale – verso la fine di gennaio nel Regno Unito. In particolare quando è stato rilasciato per la prima volta in versione limitata negli Stati Uniti alla fine di ottobre, poi su vasta scala due settimane dopo. Ma il protrarsi del lancio nel Regno Unito è stato programmato per il turno finale delle votazioni sui Bafta.

Tutti avevano prestato così tanta attenzione a Cillian Murphy per Oppenheimer, il favorito degli allibratori , che furono colti di sorpresa dall'ondata di pubblicità tardiva da parte del leader degli Holdovers, Paul Giamatti.  Alla fine, Murphy vinse il Bafta, ma sia lui sia Giamatti avevano trionfato ai Golden Globe, rispettivamente nelle categorie Miglior attore in un film drammatico e Miglior attore in una commedia/musical. Il clamore generato dai premi generato per The Holdovers ha anche trasformato il film in un successo al botteghino nel Regno Unito, cosa che probabilmente non sarebbe accaduta se fosse uscito prima a Londra.

Sesso e pubbicità

«È semplice, va reso interessante», diceva Harvey Weinstein a proposito della corsa annuale agli Oscar. Anni prima che i suoi crimini sessuali venissero scoperti, Weinstein avrebbe fatto di tutto per vincere premi per i film prodotti da Miramax, lo studio che ha co-fondato con suo fratello Bob. Nel suo libro The Oscar Wars, l'autore Michael Schulman riporta in modo esaustivo le scellerate tattiche di campagna che Weinstein avrebbe utilizzato, notoriamente per garantire che Shakespeare in Love della Miramax battesse la DreamWorks e Salvate il soldato Ryan della Paramount all'Oscar come miglior film del 1998. Ciò includeva, tra le altre cose, una campagna di stampa denigratoria sul New York Times, puntanto il dito sulla famosa scena di apertura del film che ripercorreva lo sbarco in Normandia. Ci sono state anche segnalazioni di pubblicisti freelance della Miramax che «hanno completamente distrutto» il film di Steven Spielberg davanti ad altri giornalisti.

Strategie politiche e di marketing

A un certo punto di The Oscar Wars, Schulman descrive come Weinstein abbia preso in prestito le tattiche elettorali dal mondo politico per assicurarsi che i suoi film risultassero vincitori. «Weinstein aveva incanalato una delle regole di Karl Rove (ex fedelissimimo di Bush e capo consigliere elettorale, n.dr. ) ndelle arti oscure politiche: attaccare la forza dell'opposizione, non la sua debolezza». Quando si trattava di convincere gli elettori dell'Academy a sostenere i suoi film, Weinstein metteva in campo l'approccio “vendi sesso”. All'inizio della sua carriera, quando si trovò tra le mani il film scandinavo del 1987 intitolato Pelle the Conqueror, decise di pubblicare dei poster che mettevano in primo piano la schiena nuda di una donna che appare a malapena nel film. Ha funzionato. Il film vinse il premio come miglior film in lingua straniera agli Oscar del 1988.

Più tardi, quando la compagnia stava promuovendo The Crying Game (1992) di Neil Jordan, su un membro dell'IRA che si innamora di una donna transgender, Weinstein e il suo team cercarono disperatamente di tenere la co-protagonista del film fuori dagli occhi del pubblico. Jaye Davidson – l'attore maschio che interpretava il personaggio transgender – è stato infine nominato nella categoria Miglior attore non protagonista, rivelando quasi la svolta centrale del film.

Scandalo Pia Zadora

Pressioni soft, feste e spin doctor funzionano anche con i Golden Globes. Nel 1982 il miliardario finanziere israeliano Meshulam Riklis portò i membri della Hollywood Foreign Press Association a Las Vegas. Hanno prontamente risposto all'ospitalità di Riklis assegnando alla sua giovane moglie Pia Zadora il premio Nuova Stella dell'anno per la sua interpretazione, derisa dalla critica, nel thriller bollente Butterfly. Le altre nominate includevano Elizabeth McGovern per Ragtime e Kathleen Turner per Body Heat, ma non hanno mai avuto una possibilità. «Con il suo broncio da ape e i fianchi ondulati da bambina, Pia Zadora è una Bardot americana"» ha affermato con entusiasmo il critico Rex Reed riguardo alla sua interpretazione. Nessuno ha trovato poco elegante che questa citazione, palesemente sessista, fosse usata negli annunci della campagna. Lo “scandalo Pia Zadora”, come divenne presto noto, rappresentò il punto più basso nella campagna di premiazione.

Ogni volta che le regole della campagna di premiazione vengono modificate, si creano scappatoie che registi e i distributori creativi possono sfruttare. La regista cilena Maite Alberdi ha ricevuto quest'anno la sua seconda nomination all'Oscar per il documentario The Eternal Memory, una storia d'amore su una coppia sposata affetta da diagnosi di Alzheimer. Alberdi ha ammesso che la sua precedente nomination all'Oscar, per il suo documentario del 2020 The Mole Agent – ​​attualmente trasformato in una serie drammatica con Ted Danson – è stata aiutata da Covid.

Budget e risorse

«The Mole Agent era un film indipendente. Non avevamo il budget per la campagna ma abbiamo ottenuto ugualmente la nomination perché il meccanismo di premiazione era più democratico. Tutto era online, quindi non c'era bisogno di grossi fondi per fare proiezioni a Los Angeles». Durante la pandemia, gli studi di Hollywood non avevano nulla su cui investire soldi. Non c'erano feste sontuose o proiezioni in pompa magna. Ciò significava che i film più piccoli potevano competere con le major ad armi pari. Vincono i film migliori? A volte, ma sicuramente aiuta se dietro le quinte lavorano anche spin-doctor pronti a esaltare i loro meriti, a organizzare party esclusivi e contattare le persone giuste. E insistendo, silenziosamente, con i membri dell'Accademia che tutti gli altri contendenti fanno schifo (tranne loro). 

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