Braccianti indiani in sciopero: tensione, minacce e veleni

Braccianti indiani in sciopero: tensione, minacce e veleni
di Barbara Savodini
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Venerdì 6 Maggio 2016, 11:17 - Ultimo aggiornamento: 11:39
LATINA - Dura ormai da quasi una settimana lo sciopero dei braccianti agricoli nella Piana di Fondi e da mercoledì sera la situazione è più tesa che mai. Le criticità maggiori si sono registrate in particolare in quelle aziende che, non volendo alzare la retribuzione oraria, hanno licenziato il personale di nazionalità indiana e assunto nuovi lavoratori italiani, albanesi, romeni e bengalesi. Minacce, intimidazioni e parole grosse hanno riguardato soprattutto i nuovi assunti, alcuni dei quali sono stati attesi alla fine del turno e sopraffatti dai braccianti licenziati.

Discussioni e vere e proprie risse, in particolare in via Roma, sono sorte anche tra gli indiani della stessa comunità, spaccati in due fazioni: quella degli scioperanti a oltranza (la vecchia generazione) e quella dei nuovi arrivati che vorrebbero lavorare. L’omertà ha però preso il sopravvento e né i minacciati né i presunti aggrediti hanno voluto denunciare l’accaduto. Divisi anche gli imprenditori: mentre i più piccoli si sono adeguati e hanno alzato la paga dei centesimi richiesti, i più grandi hanno optato per il ricambio del personale. Intanto la diffusione di un ciclostilato anonimo ma distribuito in migliaia di copie in tutta la Provincia ha denunciato una situazione oltremodo allarmante.

“Il traffico di indiani – si legge sul volantino – è gestito da poche persone come D., pochi sanno che possiede sette negozi  a Sabaudia e gestisce un traffico di soldi impensabile. Ha fatto venire in Italia 1000 indiani ai quali ha chiesto 3mila euro ciascuno oltre ad un euro per ogni giorno di lavoro. In accordo con Omizzolo e Cgil, in pochi giorni hanno fatto tesserare 3mila indiani al sindacato per un costo di 80 euro ciascuno. Così si crea una bella cupola mafiosa dove guardia e ladro si trovano a cibarsi nello stesso piatto, la pietanza? Il denaro”.

Accuse infondate e intimidatorie le ha definite Marco Omizzolo la cui associazione InMigrazione, come ha spiegato lo stesso, non è legata alla Cgil se non per un rapporto di collaborazione.  «Presenterò una denuncia contro ignoti – ha dichiarato – il fatto che la nota sia anonima sottende faziosità e debolezza. Quanto alle tessere, io non le ho mai chieste ma si tratta comunque di uno strumento democratico».

Di questo avviso anche Eugenio Siracusa, segretario regionale della Flai Cgil, indignato non solo per il ciclostilato, tanto che è stata presentata una denuncia, ma anche per quanto riferito dagli imprenditori che hanno dichiarato di aver sostituito il personale. «Questo vuol dire speculare sui poveracci – ha commentato amareggiato – il contratto nazionale prevede 7,40 euro netti all’ora e noi ci batteremo su questo. La crisi agricola? Il rischio d’impresa è un problema del titolare, non del bracciante. A noi pare che le aziende continuino a lavorare».

Rispetto ai numeri riportati nel dossier della Cgil, la questura di Latina ha però fornito una lettura alternativa. Non sarebbero infatti 30mila i Sikh sul territorio ma 9.054 (o almeno tanti sono i regolari). L’esercito di coloro che non riesce ad ottenere il permesso di soggiorno perché hanno un reddito troppo basso sarebbe invece composto da 100 unità e non da 5.000 indiani come denunciato. 
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