Nell'inchiesta, che aveva portato agli arresti nel novembre del 2017, sono stati contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, falso ideologico e accesso abusivo a sistema informatico per quel giro di permessi «facili» rilasciati in cambio di cifre che variavano tra «i 200 e i 5000 euro» e altre utilità. Gli importi di denaro in contante incassati per rilasciare i permessi erano così elevati, secondo l'accusa, da consentire a Rubino, presunto capo dell'associazione per delinquere (assieme ad un altro indagato tuttora latitante) la villa del '700 alle porte di Milano, intestata alla moglie, sequestrata nelle indagini e di cui oggi i giudici della decima penale (Guidi-Minerva-Valori) hanno disposto la confisca.
Decisa anche la confisca di alcune decine di migliaia di euro a carico di alcuni imputati.
Nell'indagine, come aveva spiegato testimoniando in aula un investigatore, sono state esaminate oltre 200 pratiche «anomale», molte di più delle circa 70 contestate agli imputati (un altro mediatore cinese era stato già condannato in abbreviato). L'investigatore, ad esempio, aveva parlato anche del caso di due coniugi cinesi che avrebbero chiesto lo "sconto" per ottenere un permesso di lungo temine a Yu Xieshi, ristoratore cinese ritenuto uno degli intermediari assieme a Duandi Yang, che avrebbe loro spiegato via WhatsApp che non poteva scendere sotto «gli 11 mila euro».
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