Giulia Maria Crespi, addio alla paladina di arte e ambiente

Giulia Maria Crespi, addio alla paladina di arte e ambiente
di Paola Severini Melogran
4 Minuti di Lettura
Lunedì 20 Luglio 2020, 08:55 - Ultimo aggiornamento: 09:11

Sarebbe tranquillamente arrivata alla boa dei cento se un destino terribile (come quello che le rubò il padre dei suoi figli, solo quattro anni dopo il matrimonio) non le avesse tolto lo scorso 14 maggio Aldo Paravicini, 65 anni, uno dei suoi due gemelli. Giulia Maria Crespi, donna che forse ha dato all'Italia più di quello che ha ricevuto, è morta ieri a 97 anni, combattendo fino all'ultimo giorno contro la sciatteria e l'ignoranza di un Paese che nonostante non l'avesse riconosciuta nel suo impegno (mai candidata a senatore a vita, ad esempio), ha tanto amato e tutelato.

COSCIENZA
La sua biografia - era nata a Merate il 6 giugno 1923 in un'importante famiglia industriale lombarda, figlia unica, fu educata in casa da precettori privati, imparò le lingue e respirò l'amore per l'arte - ci permette di comprendere oggi cos'è stato, il capitalismo illuminato meneghino: la coscienza di avere una responsabilità verso la società perché chi è colpito dal privilegio (parole sue) deve, in ogni modo, rendere quello che ha ricevuto.
La storia di questa donna che non ha mai ostentato se non la sua intelligenza e caparbietà, è l'esempio di questa concezione e, soprattutto, di questo spirito di servizio che per anni è stata la cifra dell'alta borghesia milanese. Dall'impegno giovanile nell'Associazione Ape Laboriosa, per i bimbi poveri nella Milano di Zavattini, alla visione di «accompagnare il cambiamento della società» che le consentirà, con coraggio e un pizzico di incoscienza (era soprannominata la Zarina) di rovesciare nel 1973 l'orientamento del giornale di famiglia, il Corriere della Sera, indirizzandolo, sostituendo Giovanni Spadolini con Piero Ottone, verso un centrosinistra liberale e moderato (quando Montanelli ruppe con lei per questo cambiamento politico, la bollò come «dispotica guatemalteca» per poi fondare il Giornale).

ANTITESI
Crespi, quindi, e tutti coloro da lei coinvolti nel corso degli anni, come i dirigenti del Fai, i politici e gli intellettuali come, per esempio, Ilaria Borletti Buitoni), può essere considerata l'antitesi della visione sociale di un'altra grande famiglia italiana, quella degli Agnelli.
Fu Ottone che mi confidò come allora, proprio donna Giulia Maria, volle tra i collaboratori Antonio Cederna, Goffredo Parise, Piero Melograni e incredibile a raccontarsi, Pier Paolo Pasolini, il più simile a lei nell'immaginare una conciliazione tra passato e futuro: fu una rivoluzione.
Questi quattro personaggi rappresentavano ognuno un ambito intellettuale del nuovo modo di interpretare l'Italia che cambiava: Antonio Cederna precursore della tutela dei beni culturali e ambientali; Goffredo Parise, un nuovo modo di concepire la letteratura; Piero Melograni, dalla visione storiografica fuori dai cliché (erano tutti amici) e Pasolini, che lei stimerà talmente da permettergli di girare Teorema nella tenuta di famiglia.
Crespi riuscì a vendere le sue quote del Corriere prima del periodo oscuro della P2, continuando a sentirlo sempre come una sua creatura. Grazie alla sua visione del mondo e alla sua determinazione, maturò uno sguardo ecologico ante litteram nel nostro Paese che la porterà ad individuare in anticipo la necessità dell'agricoltura biodinamica come una delle possibili soluzioni al disastro ambientale incombente.

LA SVOLTA DEL 1975
Nel 1975, dopo tanto lavoro per Italia Nostra, con Renato Bazzoni, Alberto Predieri e Franco Russoli, fece nascere il Fai-Fondo Ambiente Italiano donando 500 milioni di lire per acquistare il monastero romano-longobardo di Torba (Varese) nel 1976, il primo bene importante del Fondo. Fu un successo travolgente che nel corso degli anni ha permesso di recuperare e valorizzare l'immenso patrimonio culturale del nostro Paese.
Una visione rispettosa e a volte forse troppo fideistica del potere di Madre Natura, la portò a rifiutare le cure (se non per l'appunto naturali) per combattere il tumore recidivo per sei volte e che lei comunque riuscì a sconfiggere.
La conobbi nel 2007 grazie alla figlia di Wally Toscanini, Emanuela di Castelbarco, che proprio perché sua amica cedette al Fai il Castello di Avio, dando ulteriore slancio al progetto che negli anni a venire si rafforzò puntando sull'idea della cura del patrimonio culturale da associare sempre e comunque al rispetto e alla difesa dell'ambiente.

DETERMINAZIONE
L'avanzare dell'età non fa cedere Crespi nella sua determinazione: lo scorso 8 maggio sceglie RadioRai per testimoniare il suo impegno denunciando il dissesto idrogeologico di questo Paese, individuando nel terribile avvento del Covid il prezzo che la nostra società sta pagando nei confronti della distruzione della natura.
Aveva vissuto il lockdown con una certezza: «Il mio pensiero troverà molti oppositori ma quello che sta succedendo è in un certo senso, una grande fortuna. È un avvertimento a tutti noi per farci cambiare rotta. Se non lo faremo andremo verso la catastrofe certa. Ecco perché sostengo tutti i movimenti ambientalisti e tutti quelli che credono all'importanza della Madre Terra. I politici? Ignavi, ovunque nel mondo». Insomma, se n'è andato un vero simbolo, una Marianna d'Italia, una voce anagraficamente centenaria ma insieme proiettata nel cambiamento verso un mondo più equo e vivibile per tutti. «Una grande donna italiana», secondo il ministro per i beni culturali Dario Franceschini; Francesco Rutelli ne ha ricordato la «tenacia ecologica»; «un esempio inimitabile, ha segnato la strada per il futuro», il ricordo del presidente del Fai, Andrea Carandini. I funerali si svolgeranno in forma strettamente privata. 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA