Annuncio dei russi/«Ucciso Al Baghdadi», ma resta un giallo la sorte del Califfo

di Alessandro Orsini
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Sabato 17 Giugno 2017, 00:35 - Ultimo aggiornamento: 00:57
Al Baghdadi è stato forse ucciso da un bombardamento degli aerei russi contro la città di Raqqa. Se la notizia fosse smentita, cambierebbe poco. Al Baghdadi non ha possibilità di sopravvivere. Trump darebbe qualunque cosa per fregiarsi della sua uccisione. 

Ne ha bisogno per rilanciare la sua immagine sul piano interno. Anche Putin vorrebbe attribuirsi il merito di una simile impresa. Ne ha bisogno per rilanciare la sua immagine sul piano estero. Putin è molto amato dai russi. Non ha un problema di popolarità interna. Il suo cruccio è l’isolamento internazionale. È stato escluso dal G7 di Taormina per avere invaso la Crimea. L’uccisione di Al Baghdadi gli consentirebbe di liberare il mondo dall’uomo che ha pianificato così tanti attentati, anche contro l’Europa. Gli americani liberarono il mondo da Bin Laden.

I russi libererebbero il mondo da al Baghdadi. In fatto di lotta al terrorismo internazionale, Putin avrebbe pareggiato i conti sul piano mediatico. Senza la Russia, direbbe Putin, i problemi del mondo si aggravano, anziché risolversi.
Quanto alle conseguenze dirette per l’Europa, i capi defunti delle organizzazioni terroristiche vengono rimpiazzati. Questo è vero, ma l’uccisione di Al Baghdadi, che avvenga oggi o domani, avrebbe conseguenze significative sui processi di radicalizzazione nelle città europee. La radicalizzazione jihadista procede per ondate che dipendono dal fenomeno dell’effervescenza collettiva. Dopo l’attentato contro le Torri Gemelle, molti giovani si galvanizzarono.

Quell’esaltazione causò l’attentato dell’11 marzo 2004 contro i treni di Madrid e quello del 7 luglio 2005 contro la metropolitana di Londra. Poi niente più stragi di tale portata per dieci anni ovvero fino al massacro di Charlie Ebdo del 7 gennaio 2015 che, non a caso, maturò nel contesto dell’esaltazione jihadista conseguente all’ascesa dello Stato Islamico, fondato il 29 giugno 2014. Le date sono tutto: prima l’attentato contro le Torri Gemelle e poi le stragi di Madrid e Londra. Prima la proclamazione dello Stato Islamico e poi la ripresa delle stragi in Europa. L’esaltazione per al Qaeda fu sgonfiata a suon di bombe. Gli americani si recarono in Afghanistan, afferrarono il collo di al Qaeda e lo spezzarono. C’era poco da esaltarsi. Il 2 maggio 2011 arrivò persino l’uccisione di Bin Laden. La morte di al Baghdadi influirebbe sui processi di radicalizzazione perché renderebbe sempre più evidente la realtà. Lo Stato Islamico è un fenomeno militare nullo. Avanzava perché non trovava oppositori. Ha avuto una vita così longeva perché ha beneficiato delle divisioni tra il blocco americano e quello russo che non si sono mai coalizzati nella lotta contro l’Isis. Al contrario, si sono ostacolati a vicenda - cosa che continuano a fare - ritardando il processo di riconquista.

Lo Stato Islamico viene bombardato dagli aerei senza potersi difendere. Non ha mai abbattuto un aereo per mancanza di mezzi. Non controlla i cieli. Non ha navi, non ha sommergibili, non ha missili, non ha carri armati, non ha aerei, non ha elicotteri. Può soltanto soccombere. Altro che conquista del Medio Oriente da parte dell’Isis. I tempi dell’esistenza dell’Isis sono stati dettati da Russia e Stati Uniti che adesso hanno deciso di chiudere il discorso. Raqqa doveva essere attaccata per prima, ma è stata attaccata per ultima. È avvenuto per una serie di ragioni politiche che abbiamo elencato più volte su queste pagine. L’Isis è stato così costretto a passare dall’invito a unirsi al Califfato per conquistare il mondo intero, Roma inclusa, all’invito a unirsi al Califfato per difendere un paio di palazzi a Raqqa.

I giovani, per quanto esaltati, ci pensano due volte prima di andare incontro a una morte certa. Un conto è recarsi a Raqqa per godersi uno stipendio jihadista; altro è recarsi a Raqqa per godersi il piombo americano. L’esaltazione collettiva diminuisce con le sconfitte. Accade anche nello sport. I tifosi abbandonano gli stadi quando la sconfitta è certa. Maria Giulia Sergio, la jihadista di origini napoletane partita per la Siria intorno al settembre 2014, oggi non esorterebbe la famiglia a recarsi a Raqqa per avere una vita migliore. I fenomeni politici sono, in primo luogo, fenomeni psicologici che si sviluppano nella mente delle persone. Le nostre azioni dipendono dalla nostra interpretazione della realtà.

L’uccisione di Al Baghdadi sarebbe uno di quegli eventi capaci di incidere sul modo di immaginare il futuro dell’Isis. Nel breve periodo, arriverebbe la vendetta. Nel medio periodo, la disfatta. Il lungo periodo lo costruiremo noi.
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