Marchegiani traccia il bilancio del Mondiale:
«Germania unica con un'idea tattica»

Marchegiani traccia il bilancio del Mondiale: «Germania unica con un'idea tattica»
di Gianfranco Teotino
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Sabato 12 Luglio 2014, 11:11
Un Mondiale tanto appassionante, quanto poco intrigante da un punto di vista tattico. L’intensità e il talento alla fine hanno prevalso. Esattamente il contrario di quanto accade nel campionato italiano. Pochissime le novità sul piano del gioco. Alla vigilia della finale è già tempo di bilanci. Ne parliamo con Luca Marchegiani, attento osservatore. Non si è perso una partita e ne ha seguite molte dal vivo.



La squadra più interessante?

«La Germania. Forse l’unica in cui l’idea di gioco è venuta sempre prima degli interpreti. Cambiano le caratteristiche dei giocatori che vanno in campo, ma la disposizione resta quella con i tre centrocampisti sempre pronti a buttarsi dentro».



Quanto c’è di Guardiola nella Germania di Loew?

«C’è la maggiore sicurezza nella gestione del pallone e qualche idea iniziale come Lahm a centrocampo, salvo poi capire che è meglio terzino. Ma i meriti sono di Loew».



Finale segnata?

«L’Argentina è stata fortunata: per il tabellone e per aver potuto giocare quasi sempre al Sud. Un bel vantaggio. Soprattutto per alcuni giocatori molto spremuti. Mascherano, l’altro centrocampista centrale (Biglia o Gago), i due esterni di centrocampo sono costretti a superlavoro per tenere fresco Messi. Di Maria era l’unico in grado di legare i reparti. La sua assenza pesa. Anche perché Messi, si può dire?, non mi è piaciuto. Per inventare aspetta che la palla gli arrivi fra i piedi. Non si smarca. Nel Barcellona il giro palla costringe gli avversari a non concentrarsi solo sulla sua marcatura».



Quali lezioni da Brasile 2014?

«Tutti, tranne Scolari, hanno cercato di presentare squadre equilibrate. Se un allenatore ha poco tempo per lavorare è più facile organizzare un gioco difensivo che offensivo. Hanno fatto tutti così, ad eccezione della Germania e della Colombia. Alla fine poi vinceva chi aveva attaccato di più, ma grazie alla giocata individuale, al talento di alcuni grandi campioni».



I giocatori più bravi?

«James Rodriguez, su tutti. Robben quasi alla sua altezza, ma ha sbagliato la semifinale. E poi Muller e Neymar, calciatori moderni. Fra i difensori, Garay e Hummels. Fra i centrocampisti, tutti i tedeschi».



Il sistema di gioco più convincente?

«Ho visto qualche difesa a cinque più del previsto. Ma il modulo emerso è il 4-3-3. Copre meglio il campo e permette nella fase offensiva di allargare di più il gioco. Con le varianti previste dalla diversa sistemazione dei centrocampisti: il 4-2-3-1 è una derivazione del 4-3-3. Il 4-4-2 sta sparendo. Lo usa adesso l’Argentina, che però ha fatto le cose migliori con il 4-3-3».



Qualche allenatore ha fatto la differenza?

«Pinto: la Costa Rica è arrivata dove nessuno pensava potesse arrivare. Interessante il suo modo di fare il fuorigioco. Anche l’Olanda ha fatto più del previsto. Van Gaal ha ottenuto il massimo da una squadra buona, non eccelsa. Adottando queste singolari marcature a uomo dei tre centrocampisti».



Parliamo di arbitri: pochi fischi e pochissimi cartellini.

«Se era una direttiva, la condivido. In un torneo così breve e intenso, è meglio non esagerare con le squalifiche. Ho notato uniformità di giudizio. Nel complesso, bravi».



Non si può chiudere, senza parlare di portieri.

«Neuer. E poi tutti gli altri. Il tedesco fa un altro sport. Tolto lui, ho trovato straordinario Navas della Costa Rica».



Poi Romero e Julio Cesar, due pensionati alla ribalta. E così importante la fiducia?

«Non è solo questione di fiducia. E’ una questione di scuola. Noi quella argentina non la capiamo, non concepiamo che un portiere possa prendere un gol sotto la pancia. Ma loro sanno fare molte cose che noi non capiamo. Poi scopriamo che in finale c’è Andujar, che nel Catania retrocesso in B aveva perso il posto a favore di Frison…».

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