La polizia dopo i 27 arresti a Sora per droga, estorsione e riciclaggio: «Nessuno parla, c'è troppa omertà»

Il capo della Squadra Mobile di Frosinone, Flavio Genovesi
di Roberta Pugliesi
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Giovedì 8 Ottobre 2020, 10:48 - Ultimo aggiornamento: 10:56

Sora tra droga, morti e camorra. All’indomani dei dettagli sull’operazione “Requiem” emerge un quadro a tinte fosche della città in riva al Liri. Apparentemente dormiente, è in realtà un vulcano tutt’altro che spento, dove il magma in perenne movimento è rappresentato da attività illecite di spaccio e riciclaggio con il racket dei funerali. Due clan, uno contro l’altro, in contrasto per il monopolio dello spaccio di droga e del “mercato dei morti”. Volevano fare la bella vita con denaro facile. Uomini e donne, in cinque queste ultime a dare un contributo concreto all’attività di spaccio.

Tessuto  socioeconomico infettato, ma nessuno parla

«I campani hanno infettato il tessuto socio - economico e anche politico locale in poco più di 25 anni di attività. Tutti sapevano, tutti sospettavano, nessuno però ha mai detto una sola parola contro di loro», commenta il capo della Squadra Mobile di Frosinone Flavio Genovesi, nemmeno quando hanno acquistato all’asta per 40.000 euro un immobile in via Principe Umberto. Per Genovesi - che ha condotto le indagini, partite nel 2018, insieme alla direzione investigativa antimafia e alla Guardia di Finanza di Frosinone - non c’è dubbio: «Sora non ne è uscita bene, c’è omertà. Nessuno parla, nemmeno chi amministra la città».

Nessuno, in effetti, sull’argomento ha speso una parola, né ieri né mai prima d’ora, nessuno ha fiatato nemmeno quando i campani con il loro “braccio armato” - i tre uomini in stato di fermo - hanno fatto recapitare - nel mese di maggio di quest’anno - una testa di maiale mozzata ad un’agenzia funebre concorrente, dando il via al secondo filone d’inchiesta, quello legato alle attività dell’agenzia funebre Santa Restituta. «Nessuno ha mai alzato un dito per lamentare la presenza di decine di pannelli su tutte le strade del territorio e della provincia che pubblicizzavano servizi funebri all inclusive a poco più di 1000 euro.

Perché?».

La domanda del vice questore pesa come un macigno. I campani ci sapevano fare. All’apparenza erano gioviali, disponibili e persino generosi: a qualcuno regalavano piante e fiori. A Sora la camorra c’è e gode di ottima salute ma con l’operazione di martedì “Requiem Ultimatum alla criminalità” - che ha portato all’arresto di 27 persone - la terra sotto i piedi di qualcuno ha certamente tremato. E trema ancora perché è facile ipotizzare ulteriori sviluppi.

«Non finisce qui», assicura Genovesi. Molti gli insospettabili, tanti i giovani, dai profili social apparentemente normali, che si divertono, che vanno per i locali del centro città, che giocano con i nipoti, che hanno figli piccoli. Persone ordinarie, insomma, ma che in realtà svolgevano attività tutt’altro che normali.

Il ruole delle donne nello spaccio di droga

Ben cinque quelle finite manette e condotte agli arresti domiciliari: Daniela Esposito, Fabiola Galuppi, Nabila Kabba, Bruna Paolucci e Sara Porretta. Cinque storie diverse ma un unico filo conduttore: lo spaccio di droga e il sostegno incondizionato ai loro uomini ed alla “causa”.

E poi ci sono le donne campane, quelle dell’altro clan, tutte d’un pezzo, donne capaci di trovare sempre la porta giusta da aprire, la strada da battere nell’interesse della famiglia e dei figli. E soprattutto dei conti correnti. Emerge un ruolo di primo piano da parte delle donne coinvolte nell’operazione.

Due di loro, Bruna Paolucci mamma di Rocco e Antonio di Pucchio, e Nabila Kabba sono difese dall’avvocato Marco Bartolomucci: «Non ho ancora incontrato i miei due assistiti, i fratelli Di Pucchio ed Anthony Ceccano, che si trovano presso il carcere di Rieti, ne’ Luca Baldassarra che difendo insieme alle due donne. Leggendo le ordinanze il quadro accusatorio è molto chiaro e anche abbastanza grave».

La signora Paolucci, secondo le accuse, era colei che trovava gli immobili da adibire a luoghi per lo spaccio e gli appartamenti più idonei per le attività illecite e per “collocare strumentazione utile all’attività di spaccio”. Nabila Kabba, Sara Porretta, Fabiola Galuppi e Daniela Esposito trasportavano a Sora dalle principali piazze (sia del napoletano che dalla capitale ma anche dall’Abruzzo) la cocaina e l’hashish che venivano poi divisi in dosi e spacciate. Un ruolo primario quindi, con la partecipazione all’associazione criminale nella cessione, nella vendita, nel trasporto e nella consegna dello stupefacente.

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