Il Tevere per raccontare Roma, le tele di Gioacchino Pontrelli a Palazzo Brancaccio

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Il fiume che scorre, purifica, rinnova. Ma che tutto travolge. Come il tempo. E’ un omaggio a Roma, opera d’arte vivente, e al Tevere, che attraversa la città eterna, il progetto di Gioacchino Pontrelli “Fiume affatato”: dodici grandi tele (e una trentina di piccole e medie) in mostra nello spazio Field di Palazzo Brancaccio, fino alla fine di febbraio, per raccontare la città, attraverso il fil rouge del suo fiume, ma anche attraverso le citazioni degli artisti che l’hanno “segnata”.
La prospettiva è quella del tempo e della memoria. Così, sullo scorcio di Caravaggio, De Chirico, Schifano, Cerone, Boetti, compaiono le scritte sui muri, la Roma vissuta dall’artista, dove tutto si mescola, senza contrasto, con uno sguardo a tratti surrealista. Giuditta non mostra la testa mozzata di Oloferne, ma è intenta a osservare una trasfigurazione della realtà di forme e colori che ricordano le tele di Boccioni e uno scorcio stilizzato dal Pantheon compare a fianco delle forme che richiamano le sculture di Cerone. Ma è nel fiume che scorrono le esperienze, anche visionarie di Pontrelli, sotto una luce splendida e chiara, che nei piccoli quadri di interni diventa invece più intimista e racconta, senza volti, la vita dei luoghi.