Paolo Balduzzi
​Paolo Balduzzi

Cambiare le regole/ Le Europee ‘24 e la spinta (nuova) del voto a distanza

di ​Paolo Balduzzi
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Mercoledì 19 Luglio 2023, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 00:16

Nel Paese in cui si vota ogni anno, potrebbe apparire stupefacente che l’interesse della classe politica sia addirittura già rivolto agli appuntamenti elettorali del 2024. In particolare, alle elezioni europee. In effetti la sorpresa è giustificata quando i ragionamenti sono sulle alleanze: in un anno può accadere di tutto.  E, se qualcuno accettasse scommesse, si potrebbe diventare ricchi azzeccando cosa faranno, per esempio, Matteo Renzi e Carlo Calenda con le loro liste. Tuttavia, è invece segno di saggezza prepararsi a quell’evento su altre questioni che si possono definire istituzionali. Il voto dei fuorisede, studenti o lavoratori, è una di queste. Ma non è l’unica.


Per esempio, anche l’abbassamento della soglia di elettorato passivo sarebbe un tema su cui, perlomeno, confrontarsi. O il luogo dove votare. Partiamo dalla prima. In questi giorni, la Camera dei deputati ha approvato una proposta di legge presentata dalle opposizioni e volta a semplificare le procedure per il voto di chi, il giorno delle elezioni, si trova lontano dal luogo di abituale residenza per motivi di studio, di cura o di lavoro. 
Non è un fenomeno irrilevante; secondo il “Libro bianco sull’astensionismo”, realizzato lo scorso anno dal governo Draghi, sono quasi cinque milioni gli elettori coinvolti: una popolazione equivalente alla quarta regione italiana e non distante da quella del Lazio, che è la seconda. Di questi, 1,9 milioni sono coloro che per rientrare al luogo di residenza attraverso la rete stradale impiegherebbero oltre 4 ore (tra andata e ritorno), mentre sono quasi 700.000 gli elettori per cui il viaggio supererebbe le 12 ore. Benissimo, quindi, che si stia facendo qualcosa, al di là delle polemiche recenti sulla necessità o meno che tale legge sia direttamente applicabile o deleghi il governo a emanare dei decreti attuativi. 


La seconda questione è quella dell’età. Negli ultimi anni l’attenzione della politica verso la condizione giovanile sembra essere aumentata. Ciò si è tradotto, tra le altre cose, in proposte (e riforme) per abbassare le soglie di elettorato attivo e passivo. Il caso delle elezioni europee è particolare per diversi motivi. Gli elettori italiani possono votare a partire dai 18 anni ed essere eletti a partire dai 25 anni.

Esattamente come per la Camera dei deputati. Tuttavia, i due organi comportano responsabilità ben diverse. Non solo: in Europa la maggior parte dei Paesi prevede soglie di eleggibilità passiva a 23, 21 o addirittura a 18 anni (ben 14 casi su 27). Tanto è vero che lo stesso Parlamento europeo si sta impegnando per abbassare tale soglia in tutti gli Stati membri proprio a 18 anni. Per attuare ciò, in Italia non servirebbe nemmeno una riforma costituzionale: basterebbe infatti cambiare il numero “25” con il numero “18” al primo comma nell’articolo 4 della legge n. 18 (un segno del destino?), approvata nel lontano 1979.


Qualcosa che a noi comuni mortali sembra debba richiedere solo il tempo di un tratto di penna ma che, con i riti e i meccanismi del bicameralismo perfetto italiano, esige almeno un certo numero di mesi. C’è tutto il tempo, comunque, per approvare tutto entro il prossimo 9 giugno, probabile data delle elezioni europee. 
E ciò porta all’ultima questione. Il 9 giugno coinciderà con l’ultimo fine settimana di lezioni in quasi tutte le regioni italiane. Che senso avrà, per l’ennesima volta, creare un ulteriore disagio ai ragazzi e alle famiglie in un periodo già complicato?  Certo: la decisione è stata presa a Bruxelles, non dal governo italiano. Tuttavia, il problema non è la data: il problema è invece la sede dei seggi elettorali. Non è ormai più accettabile che si continui a votare nelle scuole: come se la continuità didattica, la necessità per le famiglie di sistemare i figli più piccoli, il mettere sotto sopra le aule siano ovvietà di cui non si può fare a meno.


Un anno di distanza dalle elezioni sembra tanto; con tutte questi temi da affrontare, però, forse è addirittura poco. Anche se più del tempo, in questo caso, serve la buona volontà del legislatore: un bel test per governo e parlamento, nonché per maggioranza e opposizione. E un argomento ben più interessante, per gli elettori, di sapere chi si alleerà con chi, salvo poi cambiare idea, alle prossime elezioni.
 

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