Giovanni Castellaneta

Il commento / Elezioni Usa, “l’onda rossa” mancata e il futuro di Trump

di Giovanni Castellaneta
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Giovedì 10 Novembre 2022, 00:07

La tanto annunciata “onda rossa” alla fine non c’è stata. Come da pronostici della vigilia il Partito Repubblicano ha prevalso sui Democratici alle elezioni di Mid-term, ma senza dilagare come molti si attendevano. Al punto che i Dem potrebbero conservare il Senato, lasciando invece agli avversari il controllo della Camera dei Rappresentanti con una differenza – anche questa tutto sommato attesa – di circa 30 seggi. 
Si tratterebbe dunque di una situazione non diversa da quella che si verifica abitualmente: accade infatti molto spesso che al Mid-term il partito di opposizione riguadagni terreno ribaltando, almeno parzialmente, la situazione in almeno uno dei due rami del Congresso.
Se il Gop non ha sfondato, la responsabilità principale è di Trump: la corrente “Maga” (Make America Great Again) da lui controllata, che aveva imposto più di 200 candidati, non è riuscita a far sì che il partito facesse “cappotto”. Questo risultato avrà dunque delle profonde implicazioni in vista delle Presidenziali del 2024, soprattutto all’interno del partito Repubblicano: infatti, se l’ex inquilino della Casa Bianca era praticamente sicuro di avere la nomination in tasca (al punto da “sognare” l’azzardo di saltare le primarie), adesso sarà costretto ad un bagno di realtà dal momento che i suoi potenziali rivali si sentono galvanizzati. A cominciare da Ron De Santis che, forte della propria rielezione a governatore della Florida, scalda già i motori in vista delle presidenziali con i suoi messaggi conservatori che potrebbero superare Trump (il quale lo ha bollato come “bigotto”) da destra. 
Ma anche vecchie conoscenze come Marco Rubio, senatore della Florida, e l’ex vice-presidente Mike Pence (che prese le distanze dal proprio “capo” in occasione dell’assalto a Capitol Hill) potrebbero scendere in campo complicando ulteriormente le cose per “The Donald”.
Ci saranno conseguenze importanti anche sul piano della politica interna. Joe Biden può, tutto sommato, tirare un sospiro di sollievo anche se alla fine questo Mid-term non si è tramutato in un plebiscito nei confronti del suo operato: la sua azione di governo ne uscirà inevitabilmente indebolita, ma un Senato ancora in mani democratiche potrebbe aiutare la Casa Bianca nel fronteggiare i dossier interni più caldi come la crisi economica e la criminalità in ascesa.
Inoltre, il risultato elettorale potrebbe giovare anche al dibattito politico statunitense: il ridimensionamento dell’ala trumpiana potrebbe infatti auspicabilmente portare ad uno scontro più corretto e meno “inquinato” da elementi troppo divisivi con l’ex presidente deciso a cavalcare il mantra delle elezioni “rubate” nel 2020. Una discussione depurata da scorrettezze e fake news sarebbe già un risultato molto positivo in vista della prossima corsa alla Casa Bianca.
Infine, uno sguardo alla politica estera. Biden può ora dedicarsi con maggiore tranquillità alle questioni più calde, a cominciare dal conflitto tra Russia e Ucraina. Il presidente è ora più libero di interloquire con Zelensky nella ricerca di uno spiraglio per aprire negoziati con l’aggressore russo, senza fare mancare a Kiev sostegno militare ed economico ma perseguendo una via d’uscita ad un conflitto che altrimenti potrebbe durare ancora molto a lungo. 
E i rapporti con l’Italia? È molto probabile che continueranno nel solco della tradizione di alleanza atlantista e un primo incontro tra Biden e Meloni avverrà certamente la prossima settimana al summit del G20 di Bali.

Nel frattempo, la Casa Bianca cercherà di lasciare maggiori responsabilità agli alleati europei sui dossier di carattere regionale per liberare energie da dedicare allo scontro – per ora solo economico – con la Cina.

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