Paolo Balduzzi
​Paolo Balduzzi

Verso le Europee/ I giovani e la politica, quei limiti da rimuovere

di ​Paolo Balduzzi
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Mercoledì 17 Gennaio 2024, 00:01

Quelle di giugno saranno le decime elezioni europee per i Paesi membri dell’Unione sin dal 1979, anno della prima legislatura del Parlamento europeo. Attualmente, l’interesse principale dei leader di partito, tanto nella maggioranza quanto nell’opposizione, sembra essere quella di annunciare o meno la propria candidatura: Conte e Salvini no, Schlein e Meloni (forse) sì. Appassionante, e lo si scrive senza ironia: ma solo per gli amanti del genere. Gli altri, che sono la maggioranza dei cittadini, è già tanto se si scomoderanno per andare a votare: furono l’86% gli aventi diritto che lo fecero nel 1979; crollarono al 56% quarant’anni dopo, nel 2019. Non va meglio guardando ai dati medi europei: nel 1979 votò il 62% degli aventi diritto, nel 2019 poco più del 50%.
Come invertire questa tendenza? Mentre a Bruxelles, per sensibilizzare i più giovani al voto, qualcuno pensa di coinvolgere influencer e altri idoli giovanili, come per esempio la cantante statunitense Taylor Swift, ecco che il Parlamento italiano avrebbe una grande occasione per fare qualcosa di davvero innovativo, almeno sul panorama nazionale. E cioè abbassare le soglie di elettorato attivo e passivo esclusivamente per questo tipo di elezioni. Al momento, come dovrebbe essere noto, si può votare a partire dai 18 anni e candidarsi a partire dai 25 anni. Per un italiano questa è la cosa più normale al mondo, ma basta mettere il naso fuori dai confini nazionali per rendersi conto che la normalità è ben altra. 

Sono 27 le nazioni che parteciperanno alle prossime elezioni per la formazione del Parlamento europeo. In ben quattro di queste è possibile votare a 16 anni (Austria, Belgio, Germania e Malta), in una (la Grecia) a 17 e in tutte le altre a 18 anni. Più marcate le differenze quando si guarda alle soglie di elettorato passivo. Solo in Italia e in Grecia ci si può candidare a partire dai 25 anni: in un Paese (la Romania) la soglia è fissata a 23 anni, in nove paesi a 21 anni e infine in 15 paesi (il 55% del totale!) a 18 anni. Chissà però cosa bisognerà fare per cambiare questa normativa. Ci deve pensare l’Unione Europea? Potrebbe, e in effetti è in atto un (lento e timido) tentativo per uniformare la legislazione elettorale comunitaria.

Ma no, l’Europa non è necessaria per cambiare queste soglie nazionali. Bisogna quindi cambiare la Costituzione? Nemmeno. Basterebbe, infatti, cambiare il numero “25” con il numero “18” al primo comma nell’articolo 4 della legge n. 18 (nemmeno a farlo apposta), approvata proprio nel lontano 1979. 

Più scivoloso il terreno su cui muoversi per la soglia di elettorato attivo a sedici anni. Non basterebbe forse cambiare “18” con “16” all’articolo 3 della medesima legge, visto il cappello dell’articolo 48 della Costituzione che stabilisce l’ottenimento del diritto di elettorato attivo con il raggiungimento della maggiore età.
Tuttavia, nulla impedisce di provarci. O, perlomeno, di farlo con la gradualità necessaria. Siamo sinceri: “cambiare le soglie”, per la politica, significa solo decidere se le liste che superano o meno una certa percentuale di voti avranno diritto a dei seggi. E anche l’elettorato, salvo rare eccezioni, è piuttosto freddo sulla questione. E i più giovani? Interrogati, spesso rispondono, molto sinceramente, di non sentirsi pronti. Guardando al comportamento di elettori più anziani, quella dei ragazzi sembra una presa di posizione decisamente più matura e responsabile, e per questo, paradossalmente, meritevole della concessione del diritto di voto. In fin dei conti, forse anche in politica vale la legge di mercato per cui è l’offerta che crea la domanda. E non è affatto vero che ai giovani non interessa la politica: sono proprio loro a essere più sensibili sulle questioni climatiche o sul caro affitti nelle grandi città, giusto per fare due esempi. E non esitano a manifestare, scendere in strada, mettersi in gioco. Se, tra qualche anno, i sedicenni non avranno imparato a usare questo loro diritto, avranno perso una grande occasione. Ma, almeno, sarà stata una loro scelta e una loro responsabilità. Oggi, chi non deve perdere una grande occasione è il legislatore.

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