Riforma fiscale, arriva la tassa sugli interpelli rivolti all'Agenzia delle Entrate: ecco cosa prevede

Alcune richieste di informazioni extra rivolte all'amministrazione finanziaria saranno a pagamento, commercialisti in polemica

Riforma fiscale, arriva la tassa sugli interpelli all'Agenzia delle Entrate: ecco cosa prevede
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Martedì 14 Marzo 2023, 12:34

Con la prossima Legge Delega, il cui testo sarà approvato dal Consiglio dei Ministri la prossima settimana, sono previste diverse novità per quanto riguarda la riforma fiscale: pare infatti che il Governo Meloni voglia introdurre una tassa in caso di “interpelli” rivolti all’Agenzia delle Entrate o, comunque, per alcuni di essi.

L'interpello - riferisce l'agenzia del fisco - è un'istanza che il contribuente può rivolgere all'agenzia del fisco prima di attuare un comportamento fiscalmente rilevante, per ottenere chiarimenti in relazione a un caso concreto e personale in merito all'interpretazione, all’applicazione o alla disapplicazione di norme di legge di varia natura relative ai tributi. In sintesi, come riporta Altalex, si tratta di una procedura che permette ai cittadini di conoscere preventivamente la posizione dell’Amministrazione finanziaria su cui sussistono obiettive condizioni di incertezza.

La possibile “razionalizzazione” degli interpelli - contenuta nell'articolo 4 della bozza della riforma fiscale sulla "Revisione dello statuto dei diritti del contribuente" - risponde all'esigenza di migliorare l’informazione e l’interpretazione delle norme vigenti da parte dei cittadini e, di conseguenza, contenere l'elevato numero di interpelli che giungono all'attenzione dell'amministrazione finanziaria.

A determinare quanto bisogna pagare saranno due fattori: chi sta ponendo la domanda, cioè il tipo di contribuente, e la tipologia di richiesta. 

Nel 2022 l’Agenzia delle Entrate ha risposto a circa 18mila interpelli rivolti dai contribuenti. Un dato che è stato rivelato di recente dal direttore dell’Agenzia, Ernesto Maria Ruffini. Da qui, nasce l’idea di inserire un contributo fiscale extra per le richieste di chiarimenti per cui non è possibile richiedere risposte tramite i servizi di assistenza rapida (la sezione Faq del sito dell'Agenzia delle Entrate o l’intelligenza artificiale dei chat bot). Gli introiti andrebbero a finanziare la formazione professionale dei dipendenti del Fisco.

 

I commercialisti non ci stanno: «Grave errore»

La possibile modifica dello statuto dei diritti dei contribuenti lascia tuttavia perplessi i rappresentanti dei commercialisti, considerando che se il cittadino si rivolge all’Amministrazione finanziaria lo fa soltanto a causa delle difficoltà interpretative della normativa, che spesso mettono il contribuente a rischio sanzioni senza che lo stesso abbia una reale intenzione di commettere una infrazione o un’evasione vera e propria.

«Comprendiamo l’esigenza di contenere l'elevato numero di interpelli che giungono all'attenzione dell'amministrazione finanziaria, ma in questo modo si va a snaturare completamente il senso di uno strumento che negli anni si è rivelato molto utile per cittadini e professionisti», ha dichiarato Matteo De Lise, presidente dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (Ungdec), secondo cui rendere a pagamento gli interpelli sarebbe un «grave errore» da parte del governo. 

Non si può fare cassa su uno strumento che è indispensabile ogni giorno a migliaia di cittadini e professionisti. Si trovino più risorse per l' Agenzia delle Entrate, ma non imponendo una gabella su un servizio che ha la funzione di dare indicazioni e spiegazioni al contribuente, utile specialmente in ottica deflattiva rispetto a futuri contenziosi», ha fatto eco il segretario generale dell'Associazione Nazionale Forense (Anf) Giampaolo Di Marco.

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