Investimenti dall'estero, cresce la fiducia sull'Italia: verso quota 25 miliardi

Il palazzo della Borsa Italiana
di Giacomo Andreoli
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Sabato 12 Agosto 2023, 21:22

Cresce la fiducia dei principali investitori internazionali nel sistema-Italia. Per i prossimi tre anni, grazie alla presenza del Pnrr, il 37% di loro è più ottimista e vuole puntare su tecnologia e innovazione, anche provando a sfruttare alcuni nuovi incentivi fiscali. Si tratta di società con oltre 500 milioni di dollari di fatturato ciascuna. Significa che la quantità di investimenti stranieri diretti attirata nel nostro Paese può passare dai 19,9 miliardi di euro del 2022 a 25 miliardi nel 2026, se tutto il piano verrà attuato. Un balzo del 25%. A dirlo sono le proiezioni sull’Italia realizzate dalla società di consulenza internazionale Kearney per Il Messaggero, a partire dal suo report 2023 sui movimenti e le aspettative future dei 500 più grandi investitori al mondo. Quelli che rappresentano il 95% delle operazioni globali.

«Nel 2022 – spiega Andrea Marinoni, Senior Partner di Kearney - le operazioni di acquisizione e fusione in Italia hanno raggiunto un valore compreso tra 85 e 90 miliardi, di cui un terzo circa ha fatto capo ad investitori esteri. Il primo semestre del 2023 è in controtendenza e mostra volumi ridotti, ma già la seconda parte dell’anno promette bene a giudicare dalla pipeline di iniziative in corso. Ne è la prova il riassetto societario di Ima annunciato in questi giorni con l’ingresso di un nuovo investitore di minoranza, l’entrata di Lufthansa in Ita Airways, la cessione di Fis a Bain Capit, insieme alle partite in corso sulle infrastrutture, tra cui la più significativa è quella sulla rete Tim».


I SETTORI COINVOLTI
Al momento il 70% delle operazioni di private equity in Italia sono destinate all’high-tech, all’industria, ai beni di largo consumo, ai media/telecomunicazioni e alle scienze della vita. Per i prossimi tre anni tra i nuovi investimenti esteri diretti si prospetta un 29,1% in manifattura, un 15% in settori altamente scientifici e tecnici, quasi un 11% nel settore della comunicazione, un 9,8% in finanza e assicurazioni, un 8,8% nel commercio.

Il restante 26,4% si divide in una decina di altri settori. Secondo il report «l’Italia può puntare a catturare una quota crescente del totale dei capitali esteri se saprà coniugare la propria politica industriale con l’agenda dei grandi investitori in un quadro di profonda revisione degli equilibri geopolitici».

Rispetto ai livelli del 2022, poi, solo un 14% degli investitori esteri si dice più pessimista. Secondo Kearney questo è dovuto alla «forte vocazione manifatturiera dell’Italia, con la potenziale spinta verso produzioni high-tech, grazie ad iniziative straordinarie (come il Pnrr), che è un fattore chiave di attrazione di investimenti».

LA RIFORMA FISCALE
Tra i fattori più importanti che stimolerebbero più investimenti ci sarebbero «l’incidenza e la chiarezza nella tassazione». Sulle tasse il governo interverrà nei prossimi due anni con i decreti attuativi della delega fiscale. Secondo il tributarista Vittorio Giordano «con la riforma si possono introdurre alcune misure per aumentare l’attrattività del sistema-Paese nei confronti degli imprenditori esteri, che spaziano dalla riduzione dell’aliquota Ires per gli utili reinvestiti, all’eliminazione di imposte come l’Irap, fino al potenziamento del regime di adempimento collaborativo, che dovrà essere aperto ad un maggior numero di imprese e prevedere effetti premiali più incisivi».
Tuttavia, per lo stesso esperto, perché misure del genere risultino efficaci «dovranno sia essere garantite sufficienti risorse a favore dell’Amministrazione finanziaria, anche grazie all’attuazione del Pnrr, sia rivelarsi all’altezza del compito gli altri protagonisti del rapporto tributario, come il giudice tributario, inevitabilmente coinvolto».
 

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