Covid, Flavio Cattaneo (Italo): «Sì alla stretta, ma tuteliamo le imprese»

Il vicepresidente di Italo e fondatore di Itabus: «Certe decisioni andavano prese per tempo»

Covid, Cattaneo (Italo): «Sì alla stretta, ma tuteliamo le imprese»
di Rosario Dimito
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Mercoledì 22 Dicembre 2021, 00:54 - Ultimo aggiornamento: 07:00

Siamo alla vigilia delle feste. Nell’aria c’è di nuovo il blocco del Paese per fronteggiare Omicron. Si pensa a misure che da un lato incentivino la terza dose di vaccino, dall’altro impongano tamponi per tutti gli eventi pubblici, mascherine anche all’aperto e sui treni (si immagini un viaggio di 8 ore con una mascherina Fpp2 o sui bus nei viaggi di notte) e regole restrittive per evitare assembramenti. Flavio Cattaneo si trova al centro di questa partita: vicepresidente esecutivo e azionista di Italo, società privata leader di AV che grazie a lui è stata rimessa in sesto, fondatore e socio di Itabus, la nuova compagnia privata di trasporto su gomma. Con Il Messaggero il manager-imprenditore specializzato nei turnaround condotti con successo, manifesta luci e ombre rispetto alle misure in arrivo atteso che si profila una riduzione di circa il 20% dei servizi.

Siamo tornati indietro di un anno, il governo cerca soluzioni miracolose per salvare il Natale. Lei che idea si è fatto?
«Devo dire che si è perso un po’ di tempo. Non si può aspettare così tanto prima di prendere decisioni, e si è lasciato spazio a posizioni e suggerimenti dai più ai meno catastrofici. Si è ingenerata nelle persone la paura di non riuscire a tornare da un viaggio o di non poter partire perdendo i soldi della prenotazione. La gente è di nuovo frastornata e non prende decisioni, non prenota e chi lo ha fatto adesso annulla». 
Si studiano provvedimenti che sembrano mirati a limitare la circolazione di massa, che ne pensa?
«Inasprire le misure restrittive, provoca sulle imprese gli stessi effetti di un lockdown.

Abbiamo un effetto da chiusura mascherata e lo Stato sembra non farsene carico. Oggi il 90% della popolazione ha 2 dosi di vaccino, molti ne hanno tre, ma sembra non bastare. Intanto la paura cresce e si rimane a casa. Non è semplice per le persone decidere di prenotare e di partire se le restrizioni sono sempre crescenti, se alle tre dosi di vaccino va aggiunto il tampone, se ogni giorno si integra una nuova restrizione e se ne studiano di nuove da rispettare. Gli effetti sono gli stessi di quelli che si avevano con l’Italia delle zone colorate, e tutto questo provoca comunque un grave danno a tutto il mondo dei trasporti, del turismo e del commercio. Gli effetti si vedono già, con una forte riduzione e cancellazione delle prenotazioni. Ecco, di questi mancati introiti io spero che lo Stato se ne faccia almeno parzialmente carico, come hanno fatto i governi precedenti quando la situazione pandemica ha generato ingenti danni per tutta l’economia». 


La situazione sanitaria però sta di nuovo diventando preoccupante, non le pare?
«Guardi, nessuno è contrario ai provvedimenti che tutelano la salute pubblica. Il tema è che se questi provvedimenti, di cui non ci permettiamo di sindacare la legittimità e la necessità, hanno conseguenze sull’economia, il governo non deve lasciare sole le aziende che subiscono i maggiori danni di questa situazione. Il governo come si occupa dei problemi sanitari dei cittadini deve tutelare anche la salute delle imprese che operano nel Paese».
Quindi vede in arrivo una nuova situazione di stallo?
«È evidente. Italo e Itabus già oggi stanno assistendo a una fortissima riduzione di passeggeri oltre che a cancellazioni di prenotazioni, tanto che si prevede da inizio anno una riduzione importante dei servizi».
Avete fatto fatica e investimenti per raggiungere di nuovo un’offerta “normale”, e già si torna indietro?
«Cosa vuole che le dica, la domanda sta di nuovo crollando. Ma non solo per noi: per tutto il settore dei trasporti e del turismo si sta vivendo di nuovo l’inizio di un incubo. Al di là della situazione reale, quella percepita è di grande cautela e per evitare rischi la gente rimane a casa come ai tempi delle zone rosse e arancioni».
Stesso problema per le Fs, che però sono pubbliche.
«Francamente non lo so, dovrebbe chiedere a loro. Ma come lei ha sottolineato, sono dello Stato per cui non possono essere prese ad esempio perché pur con tasche diverse, fanno parte dello stesso pantalone. È inutile sottolineare che tutto il comparto pubblico ha sofferto la pandemia meno del privato ma non vorrei che questa situazione fosse sottopesata nei provvedimenti che il governo si appresta ad adottare».

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