Manovra, il Quirinale avanza rilievi
Il governo corregge: domattina la firma

Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi
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Domenica 30 Maggio 2010, 14:53 - Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio, 23:27
ROMA (30 maggio) - Il Quirinale ha inviato al governo una serie di osservazioni sul decreto per la manovra economica, alle quali l'Esecutivo ha risposto gi questa sera, nella speranza che il provvedimento venga firmato domani da Giorgio Napolitano.



Il presidente Napolitano aveva avanzato una serie di osservazioni, su aspetti di sostenibilità giuridica e istituzionale del decreto, sottolineando comunque che il governo ha l'esclusiva responsabilità degli indirizzi e del merito delle scelte di politica finanziaria, sociale e economica. Si è avuta così una domenica di fitte consultazioni tra Palazzo Chigi e il Quirinale: a fare da ambasciatore, come d'abitudine, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta (che ha tenuto un filo diretto anche con Berlusconi in Sardegna) nell'ambito di un dialogo sereno e normale, come è stato sottolineato.



Dopo che il governo ha accolto i rilievi e le sollecitazioni, il testo definitivo del decreto è stato così trasmesso nuovamente al presidente della Repubblica. Il capo dello Stato ha preso atto delle intenzioni di dare seguito alle indicazioni da lui prospettate, e dopo una rapida verifica del testo provvederà nella mattinata di domani alla emanazione del provvedimento. L'obiettivo del governo, dettato dalla necessità di dare un segnale ai mercati e all'Europa, era di fare presto e di arrivare alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale entro domani.



Il confronto tra il Governo e il Quirinale potrebbe incidere su alcune norme che verrebbero stralciate. Potrebbero entrare in un ddl autonomo, oppure, come è previsto per il taglio delle province prendere un “treno normativo” già in Parlamento, che nel caso specifico sarebbe rappresentato dalla Carta delle Autonomie. Insomma, caduto il taglio delle province e alleggerito il meccanismo di rateizzazione delle buonuscite dei lavoratori pubblici, altre norme potrebbero saltare.



A cadere potrebbero essere le norme che non hanno carattere di necessità e urgenza. C'è ad esempio una norma interpretativa sulle Fondazioni Bancarie, che attribuisce poteri di controllo al Tesoro anche sulle Fondazioni che controllano una banca, che proprio perché «interpretativa» non può finire in un decreto legge. Ma potrebbero essere stralciate norme che incidono su valori considerati importanti, come la memoria storica e culturale, uno dei valori fondanti di una nazione. Così potrebbe saltare il blocco dei flussi verso enti e istituzioni di carattere storico e artistico, o ad alcuni comitati per le celebrazioni (proprio nel momento in cui si avvicina il 150 anni della Repubblica). Sono quelli su cui più si sono alzate le proteste, insieme agli enti di ricerca su cui non sono esclusi stralci.



In forse anche l'accorpamento degli enti previdenziali in Inail e Inps: è una norma che ha effetti economici sui quali non è escluso che possa essere consigliato un confronto giuridico con tempi più ampi. Tra le misure in forse ci sono quelle che incidono sulla magistratura: l'Amn, che ha scritto al presidente della Repubblica e oggi parla di norma «iniqua, sperequata e incostituzionale», domani incontrerà Gianni Letta. In bilico anche la riduzione lineare del 10% prevista sui compensi per i componenti degli organi di di autogoverno, e anche in questo caso sono compresi quelli della magistratura. Non è escluso che la riflessione possa estendersi al taglio previsto su tutti i dirigenti, oppure sulla norma che consente di trasferirli ad un altro incarico «anche di valore economico inferiore».



La manovra non perderà i muri portanti. Il valore economico rimarrebbe sostanzialmente immutato. Non vengono toccate le misure di risparmio sul pubblico impiego (il congelamento triennale delle retribuzioni pubblica) e sulla politica (i tagli previsti per i ministri, i loro collaboratori e anche i dirigenti), le norme di lotta all'evasione (dal redditometro alla tracciabilità) e quelle sullo sviluppo, come la possibilità per le regioni del Sud di azzerare l'Irap per le nuova imprese o le zone a burocrazia zero.



Bondi: io esautorato. Non si placa intanto la polemica sui tagli agli enti culturali. «Avrei voluto che la decisione sugli enti a carattere culturale fosse stata presa insieme, il ministero dei Beni culturali non doveva essere esautorato»: così il ministro Sandro Bondi, in un'intervista al Gr1, torna sull'elenco dei 232 enti, istituti, fondazioni che non avrebbero più il contributo statale.



«Io sono in totale sintonia con Tremonti sulle motivazioni che muovono la manovra, per le difficoltà in cui si muove il Paese e la necessità di tagli coraggiosi. Molti degli enti che figurano in quell'elenco - aggiunge Bondi - vanno soppressi, ma alcuni come il Centro sperimentale di cinematografia, la Triennale di Milano, il Vittoriale, non possono in nessun modo essere considerati lussi». Quanto al fatto che il ministero sarebbe stato tenuto fuori dalla scelta, Bondi aggiunge: «Avrei voluto decidere insieme: il ministero non doveva essere esautorato. Ora mi metterò al lavoro con i miei collaboratori per capire quali di quegli enti sono eccellenze e quali sono inutili. Ma la scelta va fatta insieme».



Bocchino: se anche Bondi non condivide, qualcosa nel Pdl non va. «Se un esponente autorevole del Pdl e del governo come Sandro Bondi dice di non aver saputo e di non condividere i tagli alla Cultura, significa che c'è qualcosa di serio che non va - dice il finiano Italo Bocchino - Da un lato è impensabile tagliare risorse al bene più prezioso del nostro Paese, risorse che si potrebbero recuperare abolendo cose inutili e non strategiche come il Pra, l'agenzia dei segretari comunali o l'Unire, dall'altro è grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza, nonché ministro, non fosse stato avvertito e consultato. Siamo dinanzi all'ennesima prova della necessità di una maggiore collegialità nelle scelte politiche del Pdl».



Bersani: «Se Bondi non ha visto un dispositivo lungo tre pagine che distrugge metà delle istituzioni e delle fondazioni della cultura italiana, si può sapere che cosa ha approvato il Consiglio dei Ministri? Se l'approvazione è avvenuta "salvo intese" Bondi si è dunque inteso con Tremonti? E se non è così, lo ripeto, che cosa ha mai approvato il Consiglio dei Ministri? Siamo evidentemente fuori da ogni regola, oltre che da ogni logica. Con tutta evidenza abbiamo un governo nel marasma», dice il segretario del Pd.



Donadi: «E' una manovra "lacrime e tagli" e basta - dice Massimo Donadi capogruppo Idv alla Camera - Mancano completamente idee per il rilancio dell'economia e interventi strutturali. A pagare saranno sempre gli stessi, mentre speculatori e grandi rendite improduttive non vengono toccate. Il balletto sulla firma dimostra anche il grado di confusione di questo governo, che sempre ha negato l'esistenza stessa della crisi e ora si trova a doverla fronteggiare senza essere preparato».



Farefuturo: ingiusti i tagli indiscriminati alla cultura. «Non è possibile, non è giusto, che sul mondo del sapere e della ricerca si abbatta la scure dei tagli così, indiscriminatamente e senza alcun tipo di discussione preliminare. Senza spazi di riflessione, di confronto, anche all'interno dello stesso ministero»: così Ffwebmagazine, periodico online della Fondazione Farefuturo, commenta i tagli al mondo della cultura. «Attenzione - si legge nell'articolo - ai tagli indiscriminati alla cultura. Soprattutto se nella lista dei 232 istituti "tagliati" ci sono anche - questo è il dramma - alcune vere e proprie punte di eccellenza italiana riconosciute da tutto il mondo».
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