“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, l’implorazione alla vita di Catena Fiorello

“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, l’implorazione alla vita di Catena Fiorello
di Carmine Castoro
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Sabato 11 Gennaio 2014, 15:31 - Ultimo aggiornamento: 16:05
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano” un passaggio del Padre Nostro, preghiera cristiana con cui tutti noi da bambini abbiamo fatto i conti, per modo di dire: in chiesa la domenica, in casa per essere obbedienti e educati con genitori severi, sulla soglia della prima comunione per prepararci spiritualmente all’”incontro” con Ges.








Ma per la gente del Sud e di tante terre svantaggiate e precarizzate da sempre, la richiesta del pane quotidiano, del minimo per sfamare i figli e mandare avanti la famiglia, era ed è un’implorazione alla vita, prima che a un Dio misericordioso, la speranza in una sorte migliore, l’umiltà di chi non si perde in vacui sogni di grandezza ma vuole campare del suo, col lavoro e col sudore, col sacrificio e l’attaccamento agli affetti sacri, e spesso si vede derubato, da un potere sempre perfido, occulto, anche di questo elementare patrimonio di dignità e sopravvivenza.



Poche donne come Catena Fiorello, pochi personaggi cosiddetti “vip” nelle cui schiere possiamo senz’altro annoverare una scrittrice di successo come Catena, sorella del noto showman e dell’attore Beppe Fiorello, hanno avuto il coraggio, la delicatezza, la misurata autocoscienza, tipica di un certo intramontabile spirito femminile meridionale, di riandare con la memoria all’infanzia, alle fasi precedenti alla popolarità e ai “lustrini” del palcoscenico, per proporre al grande pubblico l’intimità della propria crescita difficile, fatta di preoccupazioni, lunari da sbarcare, voluttà negate, superfluo agognato e mai posseduto. Altre epoche, si dirà, ed è vero. Epoche in cui le ristrettezze erano foraggio di solidarietà, la miseria era condivisa e sublimata nei valori e nelle emozioni collettive – fossero anche quelle di un vicinato che si conosceva e non si ignorava con cinismo ed egoismo come avviene oggi in un normalissimo condominio -, tempi in cui la necessità era una vera virtù fatta di risparmio, bilanciamenti, sguardi sinceri, pranzi a cui nessuno poteva mancare altro che ipad e pc, di feste “comandate” e ricette dove non si buttava via niente.



E oggi, raccontandoci quegli anni, Catena Fiorello ci confessa che crescere con una mamma che compie magie per far quadrare i conti è tutto fuorché una sfortuna. Perché la ricchezza era tutta nei piatti che mamma Sara ogni giorno metteva in tavola, ispirandosi unicamente alla sua fantasia, e che la sua viva voce ci ripropone oggi, amalgamati col sapore agrodolce dei ricordi. Ne è nato un libro intimo, commovente, ironico, affollato di personaggi che la penna di Catena Fiorello, abile ricamatrice di atmosfere del profondo Sud, fa rivivere sulla pagina con la stessa intensità dei profumi che riempivano i pomeriggi della sua infanzia.



Catena Fiorello (Catania 1966) vive a Roma. È autrice di Picciridda (2006) e, per Rizzoli, di Casca il mondo, casca la terra (2012).



Catena Fiorello “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” (Rizzoli, pagg. 414, euro 18)
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