Fin qui tutto bene
di

Zanzare  e giornalismo

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Venerdì 13 Giugno 2014, 04:46
Diario dal Brasile, nono giorno
Si parla solo mosquitos, di zanzare, di medicine, di profilassi. Di dengue, malaria, febbre gialla. E che cavolo. Poi dici perché sono diventato così, malato di mente a livelli, per voi umani, quasi irraggiungibili. E' come chiedersi perché ti vengono i nei se tuo padre era pieno e se tua madre era la cugina di Bruno Vespa. Perché? Perché sì, è evidente, scontato: chi va con lo zoppo impara a zoppicare. Questo mestiere ti contagia, soprattutto nei difetti. Mai uno ti coninvolge nel piattume, nella noia. Macché sempre a duemila, sempre pieni di chiacchiere, di paure, di tutto. Vivi con ipocondriaci, diventi ipocondriaco; vivi con stressati, ti stressi e il fegato si gonfia come una mongolfiera, senti un battito, pensi sia il tuo cuore che soffre e chiede aiuto. Ce ne fosse uno normale. Nemmeno io, evidentemente, lo sono, altrimenti contagerei con la mia normalità qualcuno accanto a me. Invece niente, i tic tuoi sono degli altri e viceversa, ce li passiamo come i compiti in classe al liceo, e puntualmente ci trasferiamo gli errori. Oggi mi grattavo in ogni zona del corpo, perché ormai sentivo le zanzare di Manaus anche se non le vedevo e in più non ero nemmeno in Amazzonia, ci andiamo domani. Un riflesso incondizionato, un riflesso stupido, come tutte le cose incondizionate. Parli di zanzare, ti vengono le bolle, mah; parli di acqua, ti viene sete. E quando ti prendi un attimo di pausa dall'ansia galoppante, ti rendi serenamente conto che non ci sono né zanzare né bolle e ovviamente non hai nemmeno sete. Noi vediamo ciò che non esiste, e tendiamo a materializzare il paranormale. Visionari? No, malati. Giornalisti. 
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