I calzini... Totti e Del Piero

Brasile quattordicesimo giorno Stavolta ho riso io quando la cameriera, dopo aver sistemato nella busta i vari pantaloni, camice e magliette da lavare, s'è guardata bene dal toccare i miei calzini. Sette paia, raggomitolati nel loro sudore, stanchi. Hanno viaggiato, sempre  intrappolati e in apnea per dodici giorni e tredici ore al giorno. Loro, il Brasile, lo hanno visto davvero poco, forse anche meno di me. Si sono persi anche delle bellezze, tralasciando fisici extra large di donne che più che altro somigliano a dei tir. Quelli li metti tu nella busta, ha detto la cameriera indicando i calzini. O almeno cosī mi è sembrato di capire. Obbedisco. I calzini hanno tirato un sospiro, sono finiti dalle scarpe a una busta, in queste ore gli toccherà un bel lavaggio, ma non si illudano, non andranno certo a un ballo. Faranno, uno a uno, la stessa fine che hanno fatto nei giorni precedenti. Fa caldo, ma non quel caldo che ti uccide, come raccontano in giro. E se si va a Manaus c'è il problema dell'umidità, poi ci aspetta Recife, ah lì però piove. Oddio, a Natal c'è stato l'alluvione. E mo il caldo, e mo l'umidità, poi l'afa e le piogge. Ma non ci va bene niente. Ha ragione De Rossi, se fa caldo non è colpa di nessuno. Tanto non è che dobbiamo stare qui per l'eternità, no? Sopportiamo. Se fa caldo, bevi, se piove prendi l'ombrello e non rompere le palle.