Fin qui tutto bene
di

Contraddizioni sociali

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Lunedì 9 Giugno 2014, 06:08
Mamma che caldo non si respira. Sono le nove di mattina a Itacuruca, ma sembrano le 12. E' una bella giornata, una domenica di sole pieno. Non c'è traffico, non ci sarà. E' una bella giornata anche per questo. Dobbiamo andare a Rio de Janeiro, quindi sapere che non schiumeremo in mezzo alle macchine, quantomeno ci tiene di buon umore. La comitiva che sale sul pullmino è sempre ben assortita, qualità più che quantità. Cinque. Pochi ma buoni. E c'è sempre Ugo Trani in formissima. Il nostro autista si chiama Flavio, gli fai una domanda in italiano risponde in portoghese, non capisce nulla lui, non capiamo nulla noi. Ma cosa risponde se non capisce? E anche noi, a dire il vero, cosa diavolo domandiamo se sappiamo che non comprende ciò che diciamo? Mah. Comunicazione dei gesti. A Rio la sorpresina inattesa: agli accrediti stampa, del Media center, troviamo il cancello chiuso con la catena e un gruppo di brasiliano che protestano  contro la Fifa: "abbiamo lavorato, fateci entrare, ci dovete pagare", urlano. Ma il problema è che non chiedevano soldi, la promessa fatta dalla Fifa era: i biglietti per il Mondiale (magari oltre ai soldi, pacchetto completo). Niente, i biglietti erano stati distribuiti due gg prima, come il sale e il pane nei paesi in guerra. E chi protestava, ovviamente non aveva ricevuto nulla. E noi? L'abbiamo beccata in pieno la protesta: non facevano entrare loro, non facevano entrare noi. Tutti sotto il sole, davanti ai cancelli a litigare con chiunque. Schiacciati dai protestanti. Davanti al Maracana pure tanta gente in festa. In Brasile ti ritrovi uno che protesta e mezzo metro dopo una che balla e  sorride. Contraddizioni sociali. Poi, c'è uno vestito da Maradona, un'attrazione per i passanti, compresi noi. Prende soldi per farsi la foto coi turisti. Maradona argentino sotto il Maracana. Anche questa è una contraddizione sociale. Un'altra ancora: sempre da quelle parti troviamo uno con la maglia del Brasile, numero  99, sopra il nome Lippi. Altra contraddizione sociale? No, si chiama proprio Lippi. Che ne so Lippi Azario da Lima Socrates Edumundo etc etc. Comunque Lipppi, che nulla ha a che fare cooooon Marcello.
Sono le 14, Flavio, l'autista, ci richiama all'ordine: dobbiamo andare a Volta Redonda, a un paio d'ore da Rio, dove il pomeriggio giocherà l'Italia contro il Fluminense. Un test, ma in mezzo a un bel caos di gente. Flavio ha bisogno di un pass per parcheggiare. "Pronto, Figc, il nostro autista è un ex collega, ce lo lasciate un pass per lui?". "Certo". Grazie. Nessuno ha chiesto: perché mai uno faceva il giornalista poi s'è messo a guidare i pullman? Semplice. La domanda sarebbe stata pure lecita. Non era vero nulla. Flavio fa l'autista, non sa nemmeno cosa significhi fare il nostro mestiere. Non l ha mai fatto e nemmeno sogna di farlo. Era solo un burla, tipo Amici miei. 
La partita poi, un disastro di organizzazione. Poi dici l'Italia. Vieni qui e ti metti le mani nei capelli. molti di noi hanno lavorato seduti su un seggioliino con il pc sulle gambe, per non parlare delle interviste di fine partita. La zona mista. Eravamo cinquecento giornalisti ad ascoltare le dichiarazioni dei giocatori (tutta roba che entrerà nella storia del pensiero moderno) in dieci metri quadrati. Gli attacchi di panico di qualcuno di noi, passava e diceva:  ciao come stai? Li ho pensato: ha fatto bene Flavio a passare dal giornalismo alle macchine. Non era vero, ma era un pensiero che mi piaceva fare.
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