Giusy e Antonella, le pescatrici con la laurea: «Sveglia alle 4 e tanta fatica. Ci dicevano: non è roba da donne»

Giusy e Antonella, le pescatrici dello Stretto
A Ganzirri è la festa del patrono, San Nicola, non si va per mare. Giusy e Antonella, le pescatrici dello Stretto, restano a riva. Niente reti da sbrogliare e nessun...

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A Ganzirri è la festa del patrono, San Nicola, non si va per mare. Giusy e Antonella, le pescatrici dello Stretto, restano a riva. Niente reti da sbrogliare e nessun turista da portare a largo per la cattura del pesce spada. La barca “Pina”  ferma sulla spiaggia e c’è tempo per raccontare: la scelta del mare, la fatica dell’alba, il nonno e le sue storie di onde e vento, gli studi e poi il ritorno alle origini. Le sorelle Giusy e Antonella Donato, 32 e 36 anni, adesso sono “I Mancuso”, una cooperativa di pesca turismo. Laureate tutte due, Giusy in Lingue straniere, sognava di fare l’insegnante, e Antonella dopo Scienze politiche pensava alle pubbliche relazioni, a una vita lontana dal borgo a pochi chilometri da Messina. Poi ha vinto il mare, un destino di famiglia. «Abbiamo cominciato nel 2012 rilevando la ditta del nonno materno Marco Mancuso», racconta Giusy. «Anche l’altro nonno era pescatore. Ma non ci hanno mai portato con loro: non era roba da donne, dicevano. Nonno Marco pescava il pesce azzurro dello Stretto, con la rete a tramaglio. Quando non ha avuto più l’età per fare questo lavoro avrebbe dovuto restituire la licenza. Ci sembrava assurdo rinunciare alla barca, era una parte della nostra vita. Così io mia sorella e una cugina abbiamo deciso di continuare, fondando la cooperativa “I Mancuso”, con il cognome del nonno». Mica facile diventare pescatrici, un mestiere da uomini, dicevano tutti, vi stancherete presto, troppi sacrifici. E all’inizio non è stato semplice. «Dopo aver superato tutti gli esami, il nonno e lo zio ci hanno portato in barca per un lungo periodo di training. Tutte le notti in mare, d’inverno, ci facevano svegliare alle tre. Vi stancherete, ripetevano. Nessuno credeva che avremmo resistito. E invece ce l’abbiamo fatta e hanno cominciato a prenderci sul serio».

L’inverno
«Si pesca, andiamo con la barca “Pina” di sei metri, la stessa del nonno. Adesso la cugina è andava via da Ganzirri e usciamo con lo zio. Sveglia alle 4 del mattino e alle 5 siamo in mare. Si decide dove andare a calare le reti. Per attirare i pesci si deve far rumore, noi diciamo “buddiare”. In pratica si buttano in acqua pietre legate alle corde e si agitano così i pesci vanno verso le reti. Mia sorella - racconta Giusy - è più brava a pescare, io resto al remo o al timone. Alle 7 siamo a terra. Stacchiamo il pesce dalle reti, se va bene ne prendiamo 50 chili altrimenti 20 o 30. Lo vendiamo allo stesso rigattiere del nonno. Poi aggiustiamo le reti, stiamo anche imparando a ricucirle, un lavoro molto complicato».
L’estate

«Da due anni abbiamo intrapreso l’attività di pesca turismo. Organizziamo le escursioni per la pesca con la Feluca, per prendere il pesce spada dello Stretto. Tanti turisti sono incuriositi da questa esperienza, abbiamo molte richieste, vengono anche bambini. Noi facciamo da guida, affianchiamo le barche. D’estate è più difficile pescare, Messina non ha un porto da pescatori e bisogna rientrare con la barca la mattina molto presto. Di sola pesca è difficile vivere, affiancando questa attività si riesce ad andare avanti». Giusy è sposata, ha una bimba di due anni, il marito lavora nella Marina Militare. Antonella non ha famiglia. «È stata dura, quando aspettavo mia figlia non potevo uscire per la pesca». E gli altri pescatori cosa dicono di voi? «All’inizio pensavano fosse uno scherzo, nessuno ci prendeva sul serio. Poi d’inverno con i cappelli e le sciarpe nemmeno ci riconoscevano. Una volta la Capitaneria di porto ci ha fermato, hanno controllato la licenza e cercavano una donna a bordo. Adesso va benissimo, gli altri pescatori ci aiutano molto e vorrebbero che altre donne si dedicassero a questa attività. Quando incontriamo qualche difficoltà, mia madre ci dice: ve l’avevo detto che era una vita difficile. Ma noi andiamo diritte per la nostra strada, ci sono ancora tante cose da imparare. Nessun ripensamento sulla nostra scelta».
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Il Messaggero