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Poco più di dieci anni fa, quando l’Agenzia delle Entrate incorporò l’allora Agenzia del territorio portando al proprio interno la gestione del catasto, il personale complessivo della neonata struttura superava le 41 mila unità. Da allora è iniziata una inesorabile e nemmeno troppo lenta discesa, che ha portato la dotazione organica a quota 27.840 a fine 2022. Ora il governo e l’amministrazione finanziaria sono decisi a invertire la tendenza: nei mesi scorsi, più o meno in contemporanea con l’avvio del lavoro preparatorio della nuova riforma, è scattato il piano che dovrebbe far entrare nell’Agenzia quasi undicimila nuovi dipendenti entro il 2024, per portare così il totale a circa 37 mila: un numero che tiene conto anche dei pensionamenti destinati a maturare nel frattempo. Nell’elenco delle professionalità da reperire ci sono funzionari con preparazione economica e giuridica, geometri e ingegneri che dovranno modernizzare il catasto, ma anche analisti e data scientist cui spetterà il compito di presidiare le nuove frontiere digitali della lotta all’evasione.
Statali, il calo
Il dimagrimento forzato dell’Agenzia ricalca, ma per certi versi in una versione più grave, il copione andato in scena per l’amministrazione pubblica nel suo complesso. Tra il 2008 e il 2019 tutti gli uffici pubblici si sono dovuti adeguare al blocco del turn over, ovvero del rimpiazzo con nuove assunzioni di coloro che andavano in pensione. Una scelta dettata dalla necessità di arginare il disavanzo di bilancio del Paese, che però ha lasciato tracce profonde nella macchina dello Stato.
Le tecniche
Alla nuova Agenzia toccherà in larga parte applicare la riforma che il governo si appresta a portare in Parlamento, e che dovrebbe entrare in vigore entro i due anni successivi. Tra i principi elencati nella legge delega c’è anche quello del pieno utilizzo dei dati a disposizione del fisco, da quelli dell’anagrafe tributaria e a quelli resi disponibili dalla fatturazione elettronica. Su questo patrimonio si baserà anche il contrasto all’evasione fiscale, ma le tecniche di intelligenza artificiale dovrebbero essere utilizzate anche a garanzia del contribuente: ad esempio attraverso il potenziamento dell’analisi del rischio, che permette almeno sulla carta azioni di accertamento sempre più mirate, precedute da una forte spinta all’adempimento collaborativo. Come in parte già avvenuto negli ultimi anni, si tratta insomma di convincere gli italiani che mettersi in regola è la scelta più conveniente.
Il Messaggero