«Era sempre nelle vicinanze degli incendi e mai una volta che avesse alzato un dito per aiutarci a spegnerli». Riprende il processo al presunto piromane di Vetralla accusato di aver appiccato dodici roghi in 9 giorni nell’estate del 2017. In quella torrida estate i vigili del fuoco e la protezione civile furono impegnati oltremodo a spegnere roghi. Molti dei quali dolosi.
Secondo le indagini dei carabinieri del Nipaf, coordinate dalla sostituto procuratore Paola Conti, dietro a molti di quegli incendi c’era la mano del 43enne di Vetralla. Gli investigatori arrivano a lui grazie al Gps e alle celle telefoniche. Secondo quanto ricostruito, poco prima di essere ammanettato, aveva dato fuoco al bosco di Fiescole. Non andato completamente in fumo solo per il tempestivo intervento dei vigili del fuoco. In aula ieri mattina avrebbe dovuto testimoniare il carabiniere del nucleo forestale che grazie al gps ha identificato l’imputato.
Le sue dichiarazioni però saranno ascoltate alla prossima udienza, visto che la difesa, avvocato Samuele De Santis, ha chiesto che venga un tecnico a rendere leggibili i dati utilizzati per il gps.
«Dalle prime risultanze istruttore - ha commentato l’avvocato De Santis - è evidente che l’imputato sembra solo una persona interessata, ma di certo non è individuabile come artefice. La verità è che in quel periodo si cercava un capo espiatorio e in questo meccanismo c’è andato di mezzo il mio assistito che ribadisco è estraneo a tutto».