PERUGIA - Una firma che manca, il patronato che non lo nota, l'Inps che si riserva il controllo ma intanto dice sì. E poi quel vecchio stato di famiglia con mamma e papà, lontano anni luce dalla realtà in cui non ci sente più nemmeno per le feste comandate. Insomma, una serie di errori e di inesattezze che per un 35enne perugino sono diventati un'accusa per truffa, per quei quasi 18mila euro percepiti come reddito di cittadinanza. Un sostegno, secondo la procura, ottenuto indebitamente e per cui ha rischiato una condanna – come da richiesta del pm – a un anno e 9 mesi. Ma non l'ha vista così il giudice Valerio D'Andria che ha assolto con formula piena il giovane, con una sentenza – la prima a Perugia - destinata a far discutere e magari anche a diventare un precedente davanti alle tante denunce avanzate contro i cosiddetti furbetti del reddito.
In base alle accuse avanzata dalla procura, il 35enne per 16 mesi, tra il 2020 e il 2022, avrebbe usufruito della misura di sostegno grazie a dichiarazioni sostitutive uniche in cui «con distinte condotte, con artifizi e raggiri» ha indicato «la notizia non veritiera di essere l'unico componente del nucleo familiare». Mentre, come accertato dal suo stato di famiglia, ne avrebbero fatto parte anche il padre e la madre: particolare – con l'impennata dell'Isee – che «avrebbe comportato la non assegnazione del reddito».