«Non serve musealizzare
le città come i presepi»

«Non serve musealizzare le città come i presepi»
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Domenica 3 Agosto 2014, 19:09 - Ultimo aggiornamento: 4 Agosto, 00:35
PERUGIA - ​Altra puntata del dibattito dedicato ai fondi pubblici e privati destinati alla cultura, al rapporto tra spettacoli e sponsor, alla necessit di considerare i beni culturali delle citt umbre comparto di sviluppo e occupazione al pari di altri settori economici, ma sempre nel rispetto delle peculiarit di questo prezioso patrimonio.

Un dibattito innescato dal Messaggero con un appello di Riccardo Muti per le tante professionalità costrette a cambiare mestiere per mancanza di una politica adeguata alla valorizzazione delle realtà culturali. Alla discussione, provocata indirettamente dal maestro Muti, finora sono intervenuti Andrea Cernicchi, Eugenio Guarducci, Rocco Dozzini, Lorena Rosi Bonci, Teresa Severini ed Elisabetta Chiacchella. Oggi ospitiamo l'intervento di Alessandro Riccini Ricci, direttore artistico di Immaginario Festival.





Il nuovo scenario che si è venuto a creare a Perugia, la sconfitta storica della sinistra e l'affermarsi di governo minoritario (elettoralmente parlando) della destra, rappresenta un'interessante sfida. L'esaurimento di una spinta propulsiva e di una capacità di interpretare il cambiamento, il giocare tutto sul buon governo amministrativo della città hanno condannato la sinistra alla sconfitta. Non aver saputo cogliere in tempo le sensibilità le esigenze, i modi, gli umori, i bisogni del tempo presente erano cambiati, ha determinato un'astensione di proporzioni plebiscitarie. Il buon governo non è bastato, non era solo quello che serviva. Se la sconfitta è stata determinata dal non aver saputo cogliere il cambiamento, la battaglia si gioca dunque sull'innovazione.



Di certo non sulla conservazione, sulla nostalgia, sulla musealizzazione astratta di una città che deve recuperare in dinamicità. In questo scenario, la rivoluzione digitale (che non è uno smartphone o un facebook in più) diventa l'opportunità di una diversa economia, di un diverso modo di pensare, di un diverso modo di relazionarsi tra le persone. In questo nuovo scenario un angolo di mondo piccolo come l'Umbria può dire molto al resto del mondo ed essere un modello di laboratorio creativo estremamente competitivo con le tradizionali “superpotenze” economiche. E in un mondo dove negli ultimi anni tutto è cambiato, sono convinto che sia la cultura il centro e la chiave di volta dello sviluppo.Per governare il contemporaneo e dare forma al tempo presente per prima cosa bisogna partire dalla conoscenza dell'esistente. E l'esistente ci parla di una estrema ricchezza dell'offerta culturale di questa città e ci para della sua condizione eccezionale che ne fanno di fatto già una capitale.



Quale città italiana media ha due Università? Chi ha insieme la seconda più antica Accademia di Belle Arti, un Conservatorio, un'importante Galleria Nazionale, la Scuola di Giornalismo Rai, la Scuola di Lingue dell'esercito? Chi ha un Festival del Giornalismo di importanza internazionale, la Biblioteca delle Nuvole (la seconda in Italia per numero di volumi), lo Science Festival, la ricca rete di gruppi teatrali? Quale città media italiana ha da quarant'anni Umbria Jazz o uno tra i più importanti Teatri Stabili italiani? Quale amministrazione ha creato la Sagra Musicale Umbra e chi ha l'importante Stagione degli Amici della Musica? In quale città chi prende la metropolitana sale e scende da una stazione disegnata da Jean Nouvel? Quale città italiana è in finale sia come Capitale Europea dei Giovani sia come Capitale Europea della Cultura? Io credo che per Perugia sia fondamentale sviluppare il suo capitale della cultura, a prescindere dalla vittoria del titolo di capitale europea.



Io credo che l'Umbria Creativa e l'eccezionalità della nostra terra sia quella di poter rappresentare tradizione e innovazione. Siamo la terra di Francesco di Assisi, un modello economico sostenibile, un modello sociale e relazionale partecipato. Siamo la terra di San Benedetto, patrono d'Europa, l'uomo che ha fatto della propria missione la trasmissione e la conservazione della cultura. Siamo la terra del ciclo di Giotto. Noi siamo il paradigma di un nuovo Umanesimo che dà alla tecnologia radici profonde. Siamo la terra in cui le imprese creative possono essere le nuove botteghe rinascimentali.



1. Credo nella necessità di programmare le attività e i progetti dal 2014 al 2020 in linea con le agende europee. Dobbiamo guardare oltre il 2019, anno della capitale europea. 2. Partendo dalle eccellenze presenti nel nostro territorio (Umbria Jazz, Teatro Stabile dell'Umbria, …) credo si debba avviare una riflessione su nuovi modelli non basati sul gigantismo degli eventi, ma su nuovi paradigmi più laboratoriali, più diffusi, più partecipati. Non sono più sostenibili certe istituzioni così come le conosciamo. 3. Occorre sviluppare le imprese creative come nuovo modello. Accanto alla distribuzione e all'offerta culturale, serve più produzione. Dobbiamo diventare dei makers. 4. È necessario creare un tavolo per la progettazione europea. È il vero fronte per sostenere e finanziare la cultura, ma soprattutto per creare un network internazionale. 5. Dobbiamo creare un'agenzia per la creatività e per la produzione di nuovi contenuti cross mediali (Perugia ha ospitato la prima rassegna italiana dedicata alle webseries e ai webdoc ed un punto di riferimento …). L'Umbria deve essere un laboratorio creativo per attrarre talenti e investitori da tutta Europa. Da costruire intorno alle Università. Noi dobbiamo essere un modello per il mondo. 6. È necessario un progetto di storytelling, di racconto di Perugia e dell'Umbria diverso e partecipato, dove la voce di ogni perugino possa parlare della sua idea di città e di futuro. Un mosaico, un racconto corale. 7. Occorre pianificare una strategia di comunicazione con i media e i new media nazionali e internazionali per raccontare la nostra storia, i valori della nostra città. E non rincorrere il sensazionalismo trash di certa stampa scandalistica.



Io credo che il capitale della nostra cultura sia trasformare il nostro patrimonio da somma di eventi e attività, in un sistema, in una rete, in un organismo vivo, in musica dove non siano più distinguibili le singole note.Chi ha costruito le mura della città o l'Arco Etrusco non ha pensato di conservare il passato, ma ha cercato di costruire (per) il futuro. A noi il compito di immaginare e fare le costruzioni altrettanto imponenti con la forza delle (nostre) idee.



Alessandro Riccini Ricci

direttore artistico di Immaginario
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