Il Pg Fausto Cardella:
«Facciamo gola alla mafia»

Il Procuratore generale Fausto Cardella
di Luca Benedetti
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Domenica 21 Gennaio 2018, 17:38
PERUGIA - L’ultimo caso è quello della chiusura di due sale giochi a Ponte San Giovanni e Todi. Il pericolo infiltrazioni balla sull’uscio dell’Umbria, anzi ben dentro, come hanno dimostrato, nel corso degli anni, inchieste anche pesanti, dopo indagini difficili e di qualità.
Al di là del caso che ha fatto muovere la Questura dopo l’interdittiva antimafia della Prefettura di Ravenna, una chiave di lettura su chi, e soprattutto perché, può investire capitali sporchi in Umbria, la dà, con la solita chiarezza e consueta schiettezza il Procuratore generale, Fausto Cardella.
«Non bisogna né generalizzare, né demonizzare», dice Cardella al Messaggero. «È logico- aggiunge l’alto magistrato- che tutti i territori possano essere a rischio. E l’Umbria, essendo una regione che ha una sua vitalità, è appetibile. Dopotutto nessuno investirebbe in zone depresse. Quindi anche i capitali mafiosi puntano a prodotti che vanno bene. Può sembrare un paradosso, ma le attenzioni e gli affari criminali possono essere un segnale di dinamicità».
IL GIOCO D’AZZARDO
Cardella sfiora anche il caso delle sale scommesse, prendendo lo spunto per un’altra analisi: «Il gioco d’azzardo, in tutto il mondo, è un’attività particolarmente a rischio sul fronte infiltrazioni. È semplicemente un dato storico che ce lo dice. Questo non vuol dire che lo siano tutte le sale giochi, le sale scommesse o i casinò. Ci vuole una consapevolezza diversa da chi spende per quel tipo di attività, senza arrivare a parlare della ludopatia. Chi gioca sa che i sui soldi possono anche alimentare certi giri e finire in certe tasche».
Cardella ha a cuore il valore delle difese dell’Umbria sui rischi delle infiltrazioni. E lo ribadisce anche in questa occasione. Ancora il Pg: «Qui c’è un buon livello di vigilanza. Bisogna essere consapevoli, non chiudere gli occhi, le inchieste degli ultimi anni dicono perché. Non va fatto, come successo in altre realtà, dove è stata negata l’evidenza e poi si sono scattati. Intelligentemente e laicamente vanno tenute elevate la vigilanza e l’attenzione».
I SETTORI
Se l’Umbria è appetibile perché vitale può, in prima battuta, sembrare quasi una paradosso visti gli anni neri della crisi. Ma Cardella, nella sua analisi, non dimentica i rischi legati all’economia in affanno. «I settori dove la crisi si fa ancora sentire- spiega il Procuratore generale- sono quelli più aggredibili con i capitali sporchi. Se c’è un’impresa che si trova in difficoltà, come rifiutare offerte di acquisto che arrivano con i contanti in mano? Quando un’impresa viene acquisita in quel modo non c’è solo un bene che finisce in certe mani, ma si inizia a inquinare un mercato: le imprese buone possono essere scacciate via da quelle cattive. E indebolendosi possono diventare bocconi appetibili a loro volta. Senza dimenticare che un’impresa che resta attiva con una boccata d’ossigeno avvelenato non si sa mai che strada possa prendere. Quante ne abbiamo viste di vendute, smembrate, spogliate?Con i lavoratori, poi, che finiscono in mezzo a una strada».
Secondo il Procuratore generale, i settori tradizionalmente più a rischio infiltrazioni sono quelle edili e della ristorazione. Lo hanno certificato in Umbria anche le inchieste più recenti. «Proprio quelle inchieste che sono diventate notizie- sottolinea Cardella- dimostrano che l’attenzione in Umbria è alta. Tornando all’analisi sui danni che le infiltrazioni criminali fanno all’economia sana, vorrei ricordare come Giovanni Falcone fu accusato di mettere in crisi l’economia siciliana con le sue inchieste. Dico con franchezza che si deve uscire dall’illusione che “pecunia non olet”. Pecunia olet e, se il denaro è avvelenato, porta grandi danni dall’economia sana».
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