Dimmi come sei fatto e ti dirò chi sei: la personalità si legge in faccia

Dimmi come sei fatto e ti dirò chi sei: la personalità si legge in faccia
di Antonio Bonanata
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Giovedì 4 Agosto 2016, 15:03 - Ultimo aggiornamento: 6 Agosto, 00:05
La prima impressione dice molte cose di una persona: a volte, basta uno sguardo, un’occhiata distratta, per intuire alcune caratteristiche della personalità, “tradite” da un particolare aspetto fisico, da una caratteristica che ci colpisce e che guida il nostro intuito, ad esempio nell’indovinare il grado di affidabilità o la simpatia, la fiducia o la propensione al comando. Nel corso degli ultimi anni numerosi studi internazionali hanno indagato su questi legami invisibili, provando in via sperimentale la connessione sottile tra aspetto esterno e caratteristiche interiori, a riprova del fatto che “l’abito non fa il monaco”...ma a volte sì.

Analizziamo alcuni casi: in virtù del fenomeno che gli psicologi sociali chiamano “effetto aureola”, coloro che sono di bell’aspetto ci inducono a pensare che queste persone possiedano altre qualità, interne e invisibili agli occhi, come l’intelligenza e la dedizione. Daniel Hamermesh, psicologo dell’Università del Texas, ha studiato la bellezza nei luoghi di lavoro, rilevando che, tra le altre cose, questi pregiudizi cognitivi portano le persone più belle ad essere pagate di più. Un’altra ricerca, condotta su maschi laureandi cui era stato chiesto di valutare un testo scritto da colleghe non meglio identificate, ha mostrato che gli “esaminatori” erano indotti a dare un certo giudizio alle autrici, e quindi anche ai testi, sulla base delle foto che venivano mostrate loro: i testi attribuiti alle donne più attraenti ricevevano un voto più alto rispetto a quelli delle donne meno belle.

Una foto, quindi, dice molto di più di ciò che mostra, consentendo una lettura sorprendentemente accurata della personalità di qualcuno. In uno studio del 2009 i ricercatori dell’Università di Austin hanno mostrato ad alcuni volontari le foto di 123 laureandi dell’ateneo, cui era stato chiesto di posare o con un’espressione neutrale o con quella che avessero voluto. Si è così verificato che la postura non contava ai fini del giudizio, dato che i volontari si limitavano a valutare il grado di estroversione, autostima, religiosità, gradevolezza e rigore.
Quattro anni dopo, una ricerca condotta fra Europa e Stati Uniti da psicologi, neuroscienziati e informatici, ha proseguito su questo campo, utilizzando le fotografie come guida nel giudizio sulle qualità di una persona, questa volta mettendo in connessione l’altezza con la propensione al comando. Un piccolo gruppo di volontari ha infatti esaminato i ritratti di 47 uomini e 83 donne, tutti bianchi, valutando in prima battuta la loro altezza e in un secondo momento la tendenza ad essere leader. Ebbene, si è visto che le persone ricorrono a fattori come il genere o la lunghezza del viso per ipotizzare, in primo luogo, quanto siano alti gli individui visti in fotografia e, successivamente, quali siano le loro qualità di comando: i volti attribuiti alle persone che si presumono più alte sono anche quelli assegnati ai leader migliori.

Il Centro per le variazioni del comportamento dell’University College di Londra ha condotto nel 2013 uno studio molto interessante sulle caratteristiche facciali, evidenziando che gli uomini con alti livelli di testosterone avevano anche un viso più grande e zigomi particolarmente pronunciati e sporgenti; coloro che presentavano questi caratteri risultavano avere anche le personalità più aggressive. In generale, tendiamo a farci guidare dalla struttura facciale per determinare la forza di un individuo: questo assunto è stato provato da una ricerca dello scorso anno, durante la quale a un gruppo di volontari sono state mostrate le foto di 10 persone con cinque espressioni diverse, chiedendo loro di valutare quanto fossero amichevoli, affidabili e risolute. Secondo quanto ci si aspettava, gli “esaminatori” hanno definito amichevoli e affidabili le persone con un’espressione felice, più di quelle con la faccia imbronciata. Allo stesso tempo, venivano ritenuti più forti coloro che presentavano un viso più grande.
L’inaffidabilità, poi, va a braccetto con lo stigma della delinquenza: ricercatori israeliani e inglesi hanno infatti mostrato che un aspetto più o meno affidabile può avere conseguenze durature nella vita di una persona – pur non essendo ancora del tutto chiaro come alcuni individui appaiano più affidabili di altri agli occhi di neutrali osservatori. Mostrando infatti ad alcuni volontari foto di uomini e donne prese a caso da due database, i ricercatori hanno chiesto loro di stabilire lo stato emozionale, i tratti caratteriali e l’eventuale aspetto criminale. A prescindere dalla provenienza dei ritratti, coloro che apparivano meno affidabili e dalla personalità più dominante erano gli stessi che venivano visti come delinquenti: le espressioni più arrabbiate venivano identificate come quelle dei peggiori criminali. L’esperimento conteneva però un piccolo trucco: i ritratti mostrati ai volontari erano presi, in parte, da un archivio di foto segnaletiche della polizia ed in parte da un set dove ad alcuni attori era stato chiesto di fare facce felici, arrabbiate e neutrali.

Sempre a proposito del tasso di delinquenza che può trasparire da una foto, bisogna citare un’altra ricerca del 2015, condotta da due psicologi dell’Università di Toronto, che ha raccolto i ritratti di vari detenuti, condannati in primo grado per omicidio; a circa la metà di essi era stato dato l’ergastolo, l’altra metà era in attesa dell’esecuzione capitale. Un gruppo di volontari, sottoposto alla visione di queste foto, ha dovuto stabilire il grado di affidabilità di costoro su una scala da uno ("per niente affidabile") a otto ("molto affidabile"); coloro che sono stati identificati come “meno affidabili” avevano più probabilità di essere condannati a morte rispetto a quanti risultavano “più affidabili”. La stessa ricerca prevedeva poi una seconda fase, nella quale ai volontari venivano mostrati i ritratti di persone condannate per omicidio in prima istanza e successivamente scagionate grazie alla prova del Dna; ebbene, coloro che erano stati indicati come meno affidabili rischiavano ancora di più la pena capitale, nonostante fossero stati dichiarati innocenti. “L’aspetto esteriore influenza l’attribuzione di colpevolezza nel mondo reale, indipendentemente da una colpa effettiva” hanno scritto gli psicologi nell’articolo che illustrava il loro studio.
Ma una caratteristica fisica, al di là dei pregiudizi cognitivi, può dirci molto anche del nostro stato di salute. Ad esempio, le rughe possono essere sintomo di problemi cardiaci; il colore della pelle rivela molto più che la sola età. Quattro anni fa venne condotta una ricerca che metteva in relazione il numero di rughe sul viso e sull’interno superiore delle braccia di 261 persone con genitori longevi e un gruppo casuale di 253 persone della stessa età. Le donne con il più basso rischio di infarto venivano descritte come più giovani di circa due anni rispetto alla loro età effettiva di quelle che invece erano più esposte a danni cardiaci.
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