L’indifferenza schiaccia l’istinto di aiutare

di Raffaella Troili
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Mercoledì 1 Giugno 2016, 00:03
Io non so se mi fermavo
dipende dalla scena,
sicuro non mi schiodavo di lì senza capire
che succede e senza chiamare la polizia

@echeminvento

Scattiamo foto ma non ci fermiamo, ci vien da ridere se qualcuno cade, è steso a terra esanime, forse ubriaco forse no. L’illusione è aver abbracciato la realtà in un contenitore di cui conosciamo ogni angolo, poi arriva Sara che potrebbe essere la figlia di tutti, quella che avvisa «sto tornando» e invece no, fa crollare ogni certezza. Tiriamo su generazioni a suon di “non dar confidenza a chi si avvicina, all’estraneo”. Il rischio è cadere nell’indifferenza scambiare tutti per estranei, anche una ragazza che chiede aiuto, in una periferia qualunque, tra parcheggi e radura. Un’ombra nella notte, che ci impone una scelta. Tirare dritto o fermarsi, abbassare il finestrino, ascoltare, soccorrere, rischiare.

La domanda tormenta tutti ora che Sara Di Pietrantonio è morta bruciata. Il senso di colpa anche. Il «ci penserà qualcun altro» non basta più, il senso di responsabilità/irresponsabilità diffusa tende a delegare, meglio non avere rogne, alle nostre spalle ci sarà un cuore più pietoso del nostro. No. Se uno non sa riconoscere una donna in pericolo, ha il dovere quantomeno di allertare le forze dell’ordine, di fare un giro e poi ripassare, perché come si fa a tornare a casa, come se nulla fosse? L’indifferenza, la paura schiacciano l’istinto di aiutare. Il «Io non mi sarei fermato aquell’ora», in questi giorni batte nettamente nei commenti la voce di chi forse la paura di Sara l’avrebbe presa sul serio. Facendo passare per incoscienti quanti si sarebbero fermati a vedere quei riccioli biondi in pericolo. C’è qualcosa che non torna, e in fondo lo sappiamo tutti.
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