Secondo il pm Mario Pesci, come si legge negli atti, avrebbe intascato lo stipendio pur essendosi allontanato dal servizio in modo più che ingiustificato. Il raggiro era venuto a galla un anno dopo la rapina, quando il dipendente, un 45enne romano, era stato arrestato. I suoi superiori, ignari di tutto e non vedendolo al volante, avevano deciso di addebitargli un procedimento disciplinare. Non ricevendo comunque notizie, avevano chiesto formalmente spiegazioni con una lettera di richiamo. A rispondere, era stato il suo avvocato, che aveva raccontato dell'arresto eseguito poco tempo prima.
L'ORDINANZA
L'ordinanza era stata eseguita il 26 giugno 2012. Dalla municipalizzata non si erano accorti di nulla perché il 45enne, non sapendo che per lui sarebbero scattate le manette, aveva preso due giorni di ferie il 27 e il 28 del mese. La rapina, invece, risaliva al 14 gennaio 2011.
Da un controllo amministrativo era subito emerso che quel giorno il dipendente si era assentato chiedendo l'applicazione della legge 104, e giustificandosi dicendo di dover assistere un familiare affetto da disabilità. Per gli inquirenti, l'azienda municipalizzata sarebbe stata truffata. Nel capo d'imputazione romano si legge infatti che l'autista «in qualità di dipendente dell'Atac, comunicando all'amministrazione di appartenenza la fruizione di un permesso retribuito per la legge 104, dedicava invece il tempo richiesto alla consumazione del reato di rapina, perpetrato in data 14 gennaio 2011 presso la filiale della banca Valdichiana Credito Cooperativo Tosco Umbro, in provincia di Perugia, così ponendo in essere artifici e raggiri finalizzati all'ottenimento della retribuzione prevista».
In Umbria, il conducente è ancora sotto processo. Uno dei complici, che oltretutto è suo zio, ha scelto di essere giudicato con rito abbreviato ed è stato condannato a 3 anni di reclusione. Ieri è stato ascoltato a piazzale Clodio come testimone: continua a dirsi innocente.
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