Olimpiadi come l'Expo: sarà un modello di sviluppo come l'evento milanese

Olimpiadi come l'Expo: sarà un modello di sviluppo come l'evento milanese
di Osvaldo De Paolini
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Martedì 14 Giugno 2016, 08:19 - Ultimo aggiornamento: 15 Giugno, 08:43

ROMA Ci sono molti modi per descrivere un grande evento: si possono pesare i numeri, valutare i contenuti, oppure ci si può meravigliare di quanto la città che l'ha ospitato sia uscita trasformata. I suoi detrattori ne faranno argomento di polemica, contestando quegli stessi numeri e sminuendo i benefici che ne sono derivati. Ma quanto scende il sipario e l'evento diventa storia, ciò che di ammirevole resta è l'idea di un metodo di lavoro, di una rete che ha tenuto insieme sensibilità diverse, di un salto nel mondo che travalica i pur profondi cambiamenti che hanno mutato il volto della città. Questo ha rappresentato Expo 2015, ed è per questo che i giornali stranieri, salvo rare eccezioni, ne hanno celebrato il successo senza ironia, senza aggettivazioni ambigue.

ERRORE MADORNALE
Sicché Roma commetterebbe un errore madornale se non abbracciasse la sfida delle Olimpiadi 2024, perché è un'occasione forse unica per un cambio di ritmo della città. La mobilitazione che ne verrebbe, in termini di risorse economiche e di fantasia creativa, metterebbe in moto tanti e tali animal spirit da innescare quella spirale virtuosa di cui Roma ha necessità vitale per uscire dalla palude di Mafia Capitale e tornare autentica Capitale.

 

VENT'ANNI DI PARALISI
Milano ha patito vent'anni le conseguenze di Tangentopoli e la paralisi imprenditoriale e culturale che ne è seguita, tanto che fino all'ultimo la spinta verso Expo 2015 è stata ostacolata da veti e controveti di ordine non solo politico. Basti dire che ancora a poche ore dal via, quando Cardo e Decumano (i due lunghi viali dell'esposizione) erano ancora da completare, il milione di metri quadri che ha ospitato i prodotti e le visioni di 157 Paesi sul tema del cibo somigliava più a un gigantesco cantiere che a un sito espositivo. Né sono mancati i momenti tetri, visto che arresti per malversazione e corruzione ne sono stati effettuati (sebbene in relazione a episodi isolati e prontamente sterilizzati). E tuttavia alla fine i visitatori sono arrivati: 21,4 milioni, dagli angoli più remoti del globo. La macchina di Expo, con i suoi 7 mila addetti e i 1.000 camion che ogni notte provvedevano alla pulizia e all'approvvigionamento di una città di 200 mila persone, non solo ha tenuto, ma si è dimostrata efficiente e sicura, anche grazie alla vigilanza di 2 mila militari.

LA FOTOGRAFIA UFFICIALE
Quale bilancio? Le cifre le ha fornite l'Università Bocconi, in uno studio che è diventato la fotografia ufficiale dell'evento. Ecco una sintesi precisa: per il periodo 2012-2020 l'indotto totale generato dall'evento ammonta a 31,6 miliardi di euro, dei quali alla sola Milano ne andranno 16,1; l'extragettito fiscale per il periodo d'apertura dell'evento è ammontato a mezzo miliardo (dati del ministero dell'Economia); infine l'impatto sull'occupazione: 242.000 unità lavorative equivalenti annue delle quali 115 mila per la sola Milano.

C'è chi ha polemizzato sul fatto che alla fine l'iniziativa in sé, che ha mobilitato poco più di 1,2 miliardi di denaro pubblico, avrebbe chiuso in perdita di qualche decina di milioni. Ciò sarà anche vero, ma come mettere a bilancio le molte anime che vi hanno trovato spazio? Dalle multinazionali ai cultori del cibo etnico, dello scambio equo e solidale, della bio-diversità; dalle famiglie alle imprese; dalle delegazioni dei grandi della Terra ai ragazzi che l'hanno eletta a luogo serale dello struscio.

Ricordava un acuto osservatore veneziano trapiantato a Torino (quindi senza grandi motivi per amare Milano), che il vero lascito immateriale della manifestazione non è nel milione di firme sotto i principii della Carta della sostenibilità, ma nel profondo cambiamento prodotto nel capoluogo lombardo. Non solo per gli oltre 46 mila eventi di Expo in città, le grandi mostre, i concerti alla Scala, la nuova sede della Fondazione Prada diventata in poco tempo meta di prestigiosi archistar. Non è solo per questo o per i numerosi festival all'aperto o per le 5 linee della metropolitana già realizzate che Milano merita ammirazione, ma per la rifondazione avvenuta in parallelo alla crescita dei cantieri Expo, che l'ha resa finalmente simile a una metropoli europea.

LA RETE DAL BASSO
E che dire della risistemazione della Darsena e dei Navigli diventati per metà settimana luogo di incontro diurno e serale per decine di migliaia di cittadini; o dell'area dell'innovazione con Piazza Gae Aulenti circondata dai grattacieli che ospitano i giganti digitali; o infine del distretto assicurativo Tre Torri, dove stanno sorgendo i grattacieli delle archistar Zaha Hadid, Daniel Libeskind, Arata Isozaki.

Ma più ancora di questo e dei giudizi positivi sui giornali stranieri, a consegnare a Milano il secondo posto nella classifica della qualità della vita è il senso di opportunità che si è tornati ad avvertire in città. La rete delle iniziative dal basso ha consolidato l'immagine di un luogo aperto, innovativo, dove è possibile intraprendere, trovare talenti, incrociare culture diverse. Un passo avanti verso la comunità locale e globale. E poco importa che ancora non sia stato definito il destino dello spazio Expo (ma si sta lavorando alacremente in questa direzione), ciò che conta è che grazie all'evento la Grande Milano è tornata a produrre idee, ricchezza e posti di lavoro.

Dunque, davvero non sarebbe giusto ridurre la questione ai soli numeri. Expo a Milano, come farebbero i Giochi a Roma, ha tra l'altro funzionato da formidabile collettore di energie: istituzioni pubbliche e private che non erano abituate a muoversi assieme l'hanno fatto. E ciò vale più di un Pil nazionale che cresce.