Il presidente del Coni Malagò: «Roma 2024, serve coraggio basta con l'autolesionismo»

Il presidente del Coni Malagò: «Roma 2024, serve coraggio basta con l'autolesionismo»
di Mario Ajello
5 Minuti di Lettura
Domenica 12 Giugno 2016, 09:38 - Ultimo aggiornamento: 13 Giugno, 07:34

Presidente Malagò, c'è un quadro celebre di Umberto Boccioni, «La città che sale», in cui si descrive perfettamente lo sviluppo di una metropoli. Roma come verrà ridisegnata dall'evento olimpico?
«Verrà ridisegnata, per i prossimi 50 anni o forse di più, con una prospettiva che oggi non ha. E che soltanto grazie a un grande evento potrà cominciare ad avere. Oggi bisogna cominciare a lavorare su entrambi i binari, che non sono tra loro alternativi. Bisogna fare l'ordinario al meglio, dalle strade alla raccolta dell'immondizia, e allo stesso tempo avere il coraggio, la forza e l'autorevolezza di proporre una visione. Chi non vuole le Olimpiadi che visione propone? Non ce l'ha o almeno ancora non ha dimostrato di averla».

Il fatto che il ballottaggio sia diventato un referendum per il Sì o per il No alle Olimpiadi che impressione le fa?
«Una pessima impressione. Perché i Giochi non possono essere una cosa di parte».

Però, fuori da questa città, Salvini e il fronte anti-romano sono mobilitati contro i Giochi.
«Da pubblico ufficiale, non voglio entrare nelle vicende politiche. Dico soltanto che secondo il sondaggio più recente e autorevole, commissionato fuori dalla città di Roma, oltre il 60 per cento della popolazione italiana è a favore delle Olimpiadi nella Capitale e nelle altre città che verranno coinvolte in questa manifestazione. Non aggiungo altro».

 

La prospettiva di chi si batte per i Giochi qual è?
«Parte da un presupposto. Negli ultimi sei mesi, a Roma, in un contesto a dir poco complicato e quasi di sfascio, vorrei ricordare che cosa è riuscito a organizzare il mondo dello sport. Un torneo sei nazioni di rugby, con una media di 70.000 spettatori, senza che l'Italia abbia vinto nulla; gli internazionali di tennis con un record assoluto di sponsor, di spettatori, di audience tivvù, e anche qui gli italiani sul campo non hanno brillato; un concorso ippico di Piazza di Siena, riconosciuto come uno dei migliori degli ultimi 20 anni; una maratona di Roma che, anno dopo anno, migliora sempre di più e ed è tra le più importanti del mondo; la Race for the cure, con 60.000 persone dalla Bocca della Verità al Circo Massimo; un mondiale di marcia a Caracalla, organizzato in 3 mesi causa stop della Russia per doping, che è stato un successo organizzativo unanimemente riconosciuto; un Golden Gala di atletica intitolato a Pietro Mennea, con 40.000 persone e grande riuscita; una finale di Coppa Italia tra Milan e Juve, davanti al presidente Mattarella e a 70.000 spettatori».

La lista è ancora lunga?
«E' in arrivo anche il trofeo 7 colli di nuoto e tralasciamo le centinaia, per non dire migliaia, di manifestazioni sportive a livello nazionale che si svolgono nella Capitale».

Tutto questo per dire che cosa?
«Che la vocazione della nostra città è palesemente turistico-sportiva. Altre città hanno la moda, la finanza, l'industria pesante. Noi, qui, siamo insieme ad altre cose l'eccellenza nel campo sportivo. E ci viene riconosciuto da tutti».

Molti vedono però le Olimpiadi come l'ennesima cattedrale nel deserto dell'Urbe.
«Credo che sbaglino. Mentre noi stiamo parlando della candidatura ai Giochi, i primi due interventi fatti dal Coni sul fondo sport e periferie sono diretti alla zona di Ostia, che è molto complicata socialmente. Si tratta dello stadio Giannattasio e della struttura di atletica. E poi c'è la realizzazione del palazzetto a Corviale, dove c'è una fame spaventosa di impiantistica sportiva».

Sta dicendo che i Giochi sono intrisi di civismo?
«La gente deve sapere che le Olimpiadi non sono il luogo dove si svolgono le gare. Ma il luogo in cui 18.000, tra atleti e tecnici, verranno prima delle gare, per prepararle e allenarsi. Finanziando in alcuni casi loro stessi, le loro federazioni, la ristrutturazione o addirittura la realizzazione di impianti in periferia che servono ai Giochi».

Ci manca l'orgoglio romano per tifare tutti insieme Forza Olimpiadi?
«Le potenzialità di Roma sono immense. E bisogna reagire, se esiste, all'autolesionismo. Io comunque sono ottimista. Credo che chi critica le Olimpiadi, se non è animato da pregiudizi, approfondendo la questione capirà quanto siano importanti, anche per l'intero Paese».

Perché lei ritiene inutile il referendum sui Giochi proposto dai Radicali?
«Una volta per tutte, facciamo chiarezza. Il mondo dello sport non ha alcun problema sulla consultazione popolare. Anche perché siamo assolutamente convinti sul risultato finale».

E allora il problema qual è?
«E' che da tre anni stiamo lavorando alla candidatura olimpica. E abbiamo superato a pieni voti, e in alcuni casi all'unanimità, tutti i passaggi formali, politici e istituzionali che ci è stato chiesto di compiere. Adesso che cosa facciamo: un referendum quando manca un anno alla chiusura della competizione? Un referendum che per altro, secondo la legge, non può tenersi prima di maggio 2017? Sarebbe come ritirarsi. E perderemmo qualsiasi credibilità, proprio in un campo nel quale, più che in altri, ci siamo conquistati il rispetto di tutti».

Gli scandali del passato non sono forse un argomento forte per scongiurare l'evento 2024?
«I problemi, o in certi casi i disastri, non hanno riguardato le manifestazioni sportive. Sono state vicende relative agli appalti. E non si possono ripetere. Perché le regole ora sono molto diverse. Grazie al nuovo codice degli appalti e al protocollo dell'Anti-Corruzione. In più, c'è il coinvolgimento diretto del presidente dell'Anac, Cantone, e di tutta l'organizzazione che dirige».

Roma necessita di un nuovo fascino che si aggiunga alla classica Grande Bellezza. Siamo sicuri che le Olimpiadi possono aiutare questa esigenza?
«I Giochi sono il motore e l'acceleratore perché si possa andare in bici intorno al raccordo anulare o utilizzare l'anello ferroviario intorno alla città. Attirano investimenti che servono a migliorare la Grande Bellezza. La quale ha bisogno della storia con accanto il coraggio della modernità».