UN FILM TRAGICOMICO Il secondo episodio della commedia all’italiana chiamata ”tetto agli stipendi pubblici”, si svolge mille chilometri più a Sud, nella Sicilia guidata da Rosaio Crocetta. Qui la sceneggiatura tocca ineguagliabili vette tragicomiche che si incrociano con le raffinatissime menti della tradizione sicula. Ecco quanto è accaduto la settimana scorsa: il governo Crocetta propone di imporre un tetto di 118.000 euro agli stipendi dei manager dell’esercito di aziende partecipate dalla Regione. In Commissione, però, e sfruttando il voto segreto, gli astutissimi parlamentari regionali approvano un emendamento dei 5Stelle che taglia il tetto a meno di 75.000 euro, totalmente fuori mercato. Anche qui scoppia un’iradiddio di polemiche. E così Crocetta cancella tutti i tetti, il suo e quello approvato a voto segreto. Nulla cambia, dunque. Ma sono tutti contenti: Crocetta e il Pd possono dire d’averci provato; i 5Stelle esultano per la propria purezza rivoluzionaria; l’opposizione di centro-destra può criticare il governo regionale per la mancanza di risultati; i manager della partecipate della Trinacria continuano a guadagnare come prima.
IL GRIMALDELLO Ma la saga dell’aggiramento del ”tetto” non finisce qui. Basta trasferirsi in Campania per capire quanto sia praticato questo sport a livello locale. La Asl1 di Napoli ad esempio ha istituito una commissione ad hoc che riservatamente ha lavorato per capire quanto guadagnano effettivamente alcuni suoi medici. E così sulla stampa locale è finito il caso di un anestesista, uno dei 90 della Asl, che è riuscito in un anno a guadagnare ”extra” qualcosa come 120.000 euro oltre al suo stipendio di medico. Il grimaldello usato si chiama ”sistema di auto convenzionamento” che, complice il blocco delle assunzioni, in pratica consente al medico di autoassegnarsi straordinari in convenzione che vengono pagati 60 euro l’ora invece dei 20 euro normalmente previsti. Tetto o non tetto, comunque, nella sanità campana il vero problema è la valanga di maxi-stipendi assegnati per promozioni e per posti che non esistono. Lo ha scoperto la Corte dei Conti che in una relazione di un mesetto fa ha sparato una cifra impressionante: in tutta la Regione ci sono ben 523 primari ospedalieri in più rispetto a quelli che servono. Nell’ospedale di Nola il caso più eclatante: in un reparto con un solo degente il nosocomio paga un primario e un vice primario. Sperabilmente non con gli stipendi della Asl di Bolzano.
LE CONTROMISURE Per fortuna il panorama non dappertutto è così deprimente.
In molte Asl - fra le prime quella di Lucca - si è presa l’abitudine di rendere pubblici i compensi dei dirigenti più importanti e dei primari. Sul fronte della partecipate, poi, la Regione Lazio fin dal maggio del 2014 ha definito criteri molto chiari (fatturato, investimenti, numero di dipendenti) per definire i tetti ai compensi dei manager che in ogni caso non potranno superare i 165.000 euro lordi dello stipendio del presidente della Regione Nicola Zingaretti e che nella maggior parte dei casi non arrivano a 130.000 euro. Ma la grandissima maggioranza dei manager delle 7.600 aziende partecipate italiane mantiene il fiato sospeso. Sono in attesa dell’entrata in vigore (probabilmente prima di maggio) dell’apposito decreto attuativo di una delle deleghe della riforma della Pubblica Amministrazione coordinata dal ministro Marianna Madia. Il decreto intende mettere un po’ d’ordine nella giungla delle retribuzioni dei manager trasferendo anche in questo comparto i tre tetti previsti per i dirigenti della pubblica amministrazione. I manager inoltre non potranno più concedersi dei premi se la società che dirigono sarà in perdita e se il rosso durerà per due bilanci consecutivi potranno essere licenziati. Inoltre non potranno godere più di un solo trattamento previdenziale. Il problema ora è: come sarà aggirato anche questo decreto?
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