Maxi-stipendi, slittano i tagli le nomine spaccano i 5 Stelle

Maxi-stipendi, slittano i tagli le nomine spaccano i 5 Stelle
di Mauro Evangelisti
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Mercoledì 24 Agosto 2016, 09:24
Slitta la giunta, i tagli dei maxi stipendi possono attendere. E aumenta la rabbia della base grillina. Esempio: la sorella del presidente del consiglio comunale Marcello De Vito, Francesca, stimata attivista della prima ora, scrive apertamente su Facebook quello che in molti pensano, che sulle nomine M5S si sta comportando come i vecchi partiti. E il vicesindaco Daniele Frongia che, su questo tema rovente fino a oggi aveva taciuto, corre a rispondere tra i commentatori. Ma in Campidoglio regna il caos: non c'è accordo su quali stipendi tagliare e in che modo farlo.

RINVIO
Primo dato certo: la giunta fissata per oggi, che doveva anche limare i compensi di alcuni componenti degli staff del sindaco, non ci sarà. Se ne riparla domani. Dal Campidoglio fanno sapere che il provvedimento sui tagli non è all'ordine del giorno e che il rinvio è stato causato dal ritardo nella scrittura delle delibere sulle partecipate e sul bando per i fondi alle periferie. Credibile. Ma viene anche fatto sapere che domani non ci sarà il taglio ai compensi. E questo è un problema. Grillo ha in più sedi espresso preoccupazione perché a Roma non è ancora stato dato un chiaro marchio a 5 Stelle all'operato dell'amministrazione. Nel mini direttorio che affianca la Raggi il nervosismo c'è e non è un caso che Roberta Lombardi se ne sia già andata. Il capogruppo M5S, Paolo Ferrara, ha spiegato l'altro giorno: «Non c'è la rivolta tra i consiglieri, però la base è preoccupata. Giusto pagare le competenze, ma più si riducono le spese meglio è».

RETROMARCIA
Virginia Raggi sembrava disponibile ad approvare dei correttivi, come una limatura agli stipendi del capo della segreteria politica, Salvatore Romeo (120 mila euro, il triplo di quanto guadagnava da funzionario del Comune) e di Andrea Mazzillo, nominato nello staff della sindaca (88 mila euro, ma molti gli rimproverano una antica vicinanza nel Pd). Più in generale all'interno di M5S c'è chi avverte che si rischia grosso con gli esposti annunciati dalla minoranza, perché gli iter amministrativi seguiti sarebbero lacunosi, a partire da quello che ha concesso 193 mila euro al capo di gabinetto, Carla Raineri. In parallelo corre il disagio di chi sta lavorando per la Raggi senza contratto. Solo gossip? Ieri su Facebook si è sfogata Francesca De Vito, sorella di Marcello (presidente del Consiglio comunale e sfidante alle primarie M5S della Raggi) che ha messo nero su bianco ciò che molti militanti romani pensano: «Adesso basta. Dovevamo dimostrare la differenza e la non continuità con il passato e io da attivista lo pretendo. Nessuno di voi ricopre un ruolo politico per doti personali ma in quanto appartenente al Movimento 5 stelle e per questo deve rispondere a regole e parametri stabiliti».

 

LA RETE
«Che Virginia abbia sentito il bisogno di circondarsi di persone di fiducia ci può anche stare, malgrado alcune scelte lascino il boccone amaro in bocca a molti; che poi però ogni persona di fiducia, compreso Daniele, debba circondarsi di amichetti di merende diventa inaccettabile». Ecco Daniele è Daniele Frongia, il vicesindaco. «Nessuno ha mai pensato di arricchirsi con il movimento né tanto meno di fare piaceri a qualcuno. Non vi permettete di cominciare voi, non ce lo meritiamo e non se lo merita Roma». Questo post ha scatenato un dibattito, con quasi un centinaio di commenti. E ha risposto Frongia. Che ha scritto: «Ciao Francesca, le critiche fanno sempre bene ma evidentemente sono circolate informazioni non corrette: ho proceduto (e come me gli altri assessori) a conferire incarichi di diretta collaborazione con l'ufficio del vice sindaco e dell'assessore allo sport (cioè me) attenendomi scrupolosamente a quanto previsto dall'articolo 90 del Testo Unico Enti Locali, che prevede il carattere strettamente fiduciario dell'incarico e grandi competenze, elemento tra l'altro richiesto dalla stessa Anci e dalla Corte dei Conti». Frongia chiama in causa anche l'Ufficio del Capo di Gabinetto «che ha validato le nomine».