Roma, Cinema America, tensione con gli artisti: M5S fa saltare la prima testa

Roma, Cinema America, tensione con gli artisti: M5S fa saltare la prima testa
di Simone Canettieri
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Sabato 17 Febbraio 2018, 00:22 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 14:21

Il primo segnale che daranno Virginia Raggi e il M5S sarà la rimozione di Gemma Guerrini da vicepresidente della commissione Cultura del Campidoglio. Oltre 150 attori, registi e scrittori - da Gianni Amelio a Checco Zalone, passando per Paolo Sorrentino e Luca Marinelli - ne chiedono le dimissioni dopo le frasi sul «feticismo» della rassegna del Cinema America, l’arena che per tre anni ha animato le notti di Trastevere, nel cuore della Capitale. Diversa, invece, la posizione del vicesindaco e assessore alla Cultura Luca Bergamo. Anche per lui i firmatari dell’appello chiedono un passo indietro, ma per la gestione complessiva della vicenda. Gli organizzatori non hanno accettato la possibilità di partecipare al bando dell’Estate Romana e se ne andranno in periferia.

LE MOSSE 
Impossibile qualsiasi mediazione, nonostante l’invito lanciato alla sindaca Raggi per un caffè insieme. Bergamo si sente blindato da quel M5S che lo ha adottato quasi due anni fa. E continua a prendere le distanze «dalle parole incriminate» della consigliera comunale pentastellata Guerrini. Allo stesso tempo, dietro la sfilza di star e pesi massimi della cultura italiana che vogliono anche da lui un passo indietro, il vicesindaco scorge una mossa «in chiave elettorale». Di fatto questo fronte (e frontale) con i ragazzi del Cinema America sta agitando il M5S a due settimane dal voto. Tanto che - come raccontato da Il Messaggero - anche i più stretti collaboratori di Luigi Di Maio sono stati allertati per cercare «di capire» e «smussare gli angoli» di questa vicenda. La prima mossa sarà appunto quella di far saltare Guerrini dalla poltrona di vicepresidente della commissione Cultura (presiede anche le Pari Opportunità).

Un segnale, anzi un ramoscello d’ulivo nei confronti di un mondo che invece continua a cannoneggiare contro il Campidoglio a 5 Stelle. Neri Marcorè spiega che «non è una questione politica, ma di civiltà contro le castronerie di questi ultimi giorni, inoltre il Comune non può sfrattare un luogo di aggregazione fisica così importante». Ferzan Özpetek è diretto: «Avrei firmato anche da solo questo appello: quando la politica interferisce nell’arte e nella cultura questi i sono i risultati». Il regista di Napoli Velata continua il ragionamento e allarga la ripresa sulla vicenda: «Chi si lamenta per il presunto rumore dell’arena estiva - dice - dovrebbe lamentarsi per come è ridotta Roma, sembra di vedere la Calcutta degli anni ‘50, quando esco la mattina questa città mi produce una stretta al cuore. Dobbiamo ringraziare Bergamo e Guerrini perché ci hanno dimostrato che il nostro mondo può anche essere unito in battaglie comuni».

LE CRITICHE
Questa guerra però rischia di tracimare, a seconda delle voci, in una critica più complessiva sulla gestione di Roma da parte del M5S. Dario Argento, per esempio, forse un po’ per deformazione professionale, crede che tutta questa storia «sia contornata da un alone di mistero: forse il M5S deve dare quel posto ad altri, io nel dubbio resto basito. Se questo è l’approccio dei grillini alla cultura, tanti auguri». Gabriele Mainetti, il regista di Lo chiamavano Jeeg Robot geniale film che abbraccia la periferia romana, premette: «Non voglio passare da opinionista politico né farmi strumentalizzare, di sicuro il feticismo è quello di chi pensa di far diventare un museo le piazze vuote. Certe parole vanno censurate, altrimenti diventano di dominio pubblico, le ascoltiamo nei bar e non va bene. Tipo la storia che con la cultura non si mangia».

Conclude Mainetti, da romano innamorato ma un po’ rassegnato: «In questa città non c’è mai limite al peggio, Roma continua a essere sporca e con i servizi che non funzionano, se tutti noi però non difendiamo nemmeno dei luoghi comuni e trasversali non si va da nessuna parte». Michele Placido non fa sconti a Guerrini e Bergamo: «Si devono dimettere non sanno cosa sia la fantasia e l’arte, una storia simile a Madrid, Parigi o Berlino sarebbe impensabile. Quando la burocrazia politica mette le mani sulla cultura questi sono i risultati».

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