Expo, Sala: «Che lezione quelle lunghe file ordinate. Io sindaco a Milano? Decido con calma»

Expo, Sala: «Che lezione quelle lunghe file ordinate. Io sindaco a Milano? Decido con calma»
di Claudia Guasco
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Sabato 31 Ottobre 2015, 23:10 - Ultimo aggiornamento: 23:59
MILANO - Per la prima volta dopo sei mesi, dice, «posso dormire tranquillo». Se a maggio gli avessero detto che sarebbe finita così, con oltre 21 milioni di visitatori e un successo indiscutibile, «ci avrei messo la firma». Perché la sfida è partita il salita e si chiude con una passeggiata nel decumano tra strette di mani, foto e cori di incitamento. Giuseppe Sala, commissario di Expo, è il manager che ha trasformato un progetto ad alto grado di rischio in un successo mondiale, restituendo all'Italia il rating di Paese credibile. Prima che gli operai si rimettano al lavoro per smontare tutto, si concede un ultimo giro tra i padiglioni. È arrivato il momento dei bilanci.



Commissario Sala, lei è stato l'unico a mettere in coda gli italiani?

«Non so se sia un aspetto di cui vantarsi. Penso che chi si è messo in fila abbia avuto grande comprensione per il nostro lavoro e quindi lo abbia accettato perché ha capito che, dietro a questo disagio, c'è tanta gente che ha fatto molta fatica. Non auguro a nessuno di vivere in coda, però è stata un sorta di esercizio: ha dimostrato che anche nella vita frenetica la gente può cambiare comportamenti. A Milano se al semaforo non parti con il verde gli automobilisti ti suonano, qui all'Expo sembra che le persone abbiamo lasciato fuori un po' di tensione. Che è una bella cosa».



Il momento indimenticabile di questo Expo?

«Potrei citare le grandi visite, da Bono a Michelle Obama. Ma per me un momento molto emozionante è stato quando, passando un giorno davanti al Padiglione Zero, ho incontrato una maestra con una classe di bambini. Mi ha chiesto di fare da guida, avevo tempo e ho accettato. Resta il mio ricordo speciale».



Quale padiglione le è piaciuto di più?


«Il Giappone ha vinto per la parte digitale, la Germania per i contenuti, la Francia per l'architettura. Non cito Padiglione Italia e Zero per non essere di parte e dico la Corea».



Voto finale all'Esposizione?


«Bene dal punto di vista del numero di visitatori, ma credo che nel nostro piccolo resteremo nella storia italiana. È stato un modello di funzionamento quasi perfetto ed è questo che serve. L'Expo è bello, e va bene, però sono tante le cose belle che si perdono perché non funzionano. Noi abbiamo puntato sulla bellezza ma anche sull'efficienza. Ed è ciò che deve restare per il futuro all'Italia».



Il messaggio di Expo 2015 è arrivato al mondo?

«Si cita spesso la carta di Milano, che ha un ruolo importante. Ma io ricordo anche i mille e più dibattiti, ma soprattutto penso che sia un fatto di coscienza dei singoli, non solo della collettività. Lo ripeto spesso: un bambino che entra nel Padiglione Zero esce un po' cambiato. È come stare una settimana in un'aula scolastica. Parlando con la gente, perché in questi sei mesi sono stato molto in giro e pochissimo in ufficio, credo che davvero l'Expo abbia lasciato qualcosa a tutti».



Adesso il modello Milano viene esportato a Roma.


«Come ha detto il mio amico Paolo Tronca, esportato e adattato. Roma è una città diversa, una città che amo e in cui ho vissuto, che attraversa un fase difficile. È impensabile trasportare un modello, ma portare nella Capitale un'esperienza recente come quella di Expo aiuta. La nomina di Tronca è frutto del lavoro fatto su Expo, ma non bisogna andare troppo avanti con questa rivalità tra le due città. Milano vive un momento che non ricordava da tanto tempo, Roma è in una situazione difficile. Diamoci una mano. Tronca ha tutte le qualità per farlo».



Il suo suggerimento al neo commissario?


«Non ha bisogno dei miei consigli. Tronca lavorerà alcuni mesi, suppongo fino alle elezioni, quindi deve partire molto in fretta. Deve scegliere gli uomini giusti».



Lei invece deve scegliere il suo futuro. Si candiderà a sindaco di Milano?


«Aspettiamo. Ovviamente ci ragiono, ma voglio prendere una decisione con calma. Non ho davvero deciso nulla, chi lo pensa è fuori strada. Sto valutando, voglio fare una scelta per il bene mio e di chi rappresenterò, sia un'azienda o un'istituzione. Mi sono detto onorato, ma non sono un politico e anche il fatto di diventarlo è un passo che prevede un cambiamento. Bisogna ragionarci bene».



Le inchieste giudiziarie su Expo riserveranno sorprese?


«Non mi risulta ci siano ulteriori novità rispetto a quelle già aperte. Non mi aspetto granché. Ci sono stati dei patteggiamenti, l'opera di Cantone è stata importante. Qualcuno potrà dire: chissà cosa succederà quando Expo chiude. Io sono molto sereno».



Ha parlato con Renzi?


«Una telefonata rapida questa mattina, solo per farmi i complimenti».