Anna Coliva

L’arte moderna per spiegare i tempi passati

di Anna Coliva
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Mercoledì 19 Aprile 2023, 00:06

Il giardino segreto della Villa Borghese è lo spazio del parco dove la botanica modella la naturacon particolare qualità di artificio. Qui, fino al 28 maggio, emergono e si confondono alcune delle 48 opere di Giuseppe Penone esposte alla mostra “Gesti Universali”.  Con la cura di Francesco Stocchi, Penone ha voluto rinnovare alla Galleria Borghese l’operazione realizzata nel parco e nella reggia di Versailles nel 2013. Anche qui, a Roma, tra le essenze vegetali che continuano a crescere a scapito del passaggio del giardiniere, ha collocato forme che non si trasformano, perché i loro tronchi, foglie e rami sono in bronzo. Ma nell’arte di Penone il bronzo, con gli artifici della sua lavorazione, è materiale vivo. Di certo non è organico, ma i suoi procedimenti esecutivi misurano un tempo di evoluzione vitale che è la sua vita. 


Gli artifici metallurgici delle opere che, con la loro lavorazione e patinature imitano sembianze naturali (d’altronde lungo i secoli l’arte ha sempre aspirato a illudere i sensi umani di essere essa la natura), impongono allo sguardo del visitatore di sviluppare un pensare analogico, per suggestione. Dall’esperienza visiva della corteccia finta, tramite il procedimento artistico, è naturale travalicare nella metafora, nel simbolo, nell’universo dei significati estetici. Le scabrosità delle superfici rinviano a rivoli che confluiscono in flussi, come vene di una trama corporea, come pelle umana; quella del corpo, della mano con le sue dita. Ed ecco allora che dall’approccio fisico, materiale, concreto della materia, dalla sua esperienza, emerge l’estensione verso un significare universale. Se si prosegue su questa traccia la visita dentro la Galleria, allora la trama dell’arte si rivelerà con pienezza all’osservatore. 


Questa è la filosofia della natura di Giuseppe Penone. Nelle sale della Galleria Borghese essa conferma la dimostrazione, che si volle affermare anni fa e per la prima volta in questo Museo, di quanto l’arte contemporanea sia cruciale per comprendere quella del passato. Da un lato aiuta a fare giustizia di quelle banalità per cui un contesto antico verrebbe profanato dall’immissione del presente. All’opposto e più pericoloso, che il museo di arte antica possa funzionare come uno scenario di confronti o dialoghi tra antico e moderno, per una sorta di promozione della contemporaneità. Banalità ancor più grave, che porta a concepire i musei come contenitori buoni per qualunque immissione contemporanea che porti visibilità e successo, succursali di gallerie potenti e in concorrenza sleale con i luoghi deputati per affrontare la complessità dell’arte contemporanea che non è certo compito di un museo di arte antica. 


Il quale deve invece valutare con attenzione quali siano le singole istanze utili a far comprendere se stesso e non altro, evitando la sciocchezza del confronto e dell’assonanza che potrebbe portare, per sommo fraintendimento, addirittura a pensare ad uno specifico curatore magari avulso dalle ragioni profonde del museo “antico”.  Quando invece la scelta critica è giusta e il ricorso alla contemporaneità è in funzione del luogo, l’operazione è capace di rivelare al visitatore la natura dell’arte.

A furia di facilitazioni e semplificazioni divulgative, l’arte sembra esaurirsi nella nozione esteriore della sua storia, mentre invece è un processo mentale interiore, prodotto flagrante di concreta esperienza e reazione emotiva. Aprire il visitatore alle ragioni dell’arte identiche nell’identità profonda ma infinitamente mutevoli nelle forme, attraverso lo scorrere del tempo, è la missione più elevata del museo. La capacità dell’esperienza artistica di farsi pensiero per via emotiva e condurre all’intelligenza delle cose e della vita è la qualità dell’arte universale, in ogni secolo della storia. È il gesto universale dell’arte.


Le opere di Penone irradiano la propria filosofia naturale fuori dalle convenzioni, nella vita. Vita che si precisa in spazio urbano, nel cui quotidiano la natura è vittima di oltraggio ed equivoco: oggetto di falsificazione. Tra i molteplici effetti di propagazione di significato, Penone ha la capacità di liberare la scultura, soprattutto nelle sue tipologie di monumento urbano da quella figuratività stucchevole e marcita che infesta le nostre strade e piazze con la quantità esorbitante di pupazzacci scultorei o con la sintassi cimiteriale che anche in casi recenti sta prendendo il nome di arte. Soprattutto rafforza e salva un capolavoro come Foglie di Pietra, la scultura realizzata da Penone nel 2015 per la committenza di Fendi in Largo Goldoni, il più integro tra i monumenti contemporanei della città, dall’assedio della degradante stupidizzazione dei comportamenti metropolitani, accolta evidentemente come rassicurante.  Dunque, dal museo alla piazza, per percepire intimamente l’evidenza monumentale che natura è qualità artistica di creazione del bello.

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