“Educare ad educare”: la formazione mirata per intercettare il mercato che cambia

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Lunedì 10 Luglio 2023, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 25 Luglio, 10:00

Formazione: BEYOND THE BOX è la piattaforma che consente al personale aziendale di ricevere supporto specifico 1:1 da esperti in videochiamate da 20 o 40 minuti e apprendere interagendo sempre con la persona giusta, selezionata dall’algoritmo di matching. Parliamo di questi nuovi modelli di divulgazione esternalizzata con Aleksandra Maravic, CEO e Co- Founder della piattaforma

Nonostante le aziende facciano formazione, ai dipendenti mancano le competenze specifiche per svolgere al meglio il loro lavoro, passano così oltre 12 ore a settimana a fare autoformazione online sui motori di ricerca [fonte report Gallup]. Il 74% dei progetti si blocca per mancanza di competenze nel team e il 58% delle persone si sentono sole perché non hanno nessuno a cui chiedere aiuto.

Questi i dati forniti da Beyond The Box – piattaforma di formazione e divulgazione – estrapolati da un’intervista rivolta a circa 1000 dipendenti che ricevevano formazione in azienda. Dialogando con la CEO e Co Foundress, Aleksandra Maravic, scopriamo su quali trend si orientano oggi i piani di formazione e in che modo cambiano gli approcci dei formatori e formatrici.

Come si può leggere nella vostra presentazione, offrite a tutte le aziende “di accedere alle competenze necessarie per crescere”. Quali sono oggi queste competenze prioritarie e su quali si concentrano maggiormente le richieste di aggiornamento da parte dei vostri clienti?

Osserviamo che sono due i macro gruppi di competenze che vanno per la maggiore nel mondo della formazione in generale, e che poi si rispecchiano in piattaforma: il primo concerne le skills digitali che, invecchiando velocemente, hanno bisogno di essere aggiornate con costanza e con confronti mirati, secondo il rapporto dell’OCSE sulla strategia per le competenze, una competenza tecnica moderna dura infatti in media tra i 12 e i 18 mesi. Il secondo riguarda competenze soft come quelle in ambito comunicativo, di negoziazione, di tipo relazionale, di gestione dei conflitti, e che prescindono dal ruolo ma che sono sempre più richieste, specie perché stimolano approcci diversificati per le nuove generazioni.

I vostri esperti e esperte, da quale formazione provengono e che tipo di approccio offrono?

La loro caratteristica è quella di non essere dei docenti, o meglio, non è la loro professione principale: il 45% è manager d’impresa, il restante sono professionisti che tutti i giorni svolgono mansioni inerenti la formazione che poi andranno ad impartire. Per questo sono moduli di apprendimento specialistici, focalizzati su temi specifici. Abbiamo osservato che l’offerta formativa standard è ormai molto diffusa, per questo serve invece una proposta di piani più mirata. Si tratta quindi di un “team esteso” di supporto alle persone che lavorano in azienda il cui approccio non è verticale ma orizzontale, peer to peer.

Quante e che tipo di aziende si rivolgono a voi?

Il nostro cliente principale è la piccola media impresa perché secondo il report europeo OECD 3 PMI su 4 formano il loro personale in modo informale: la formazione è svolta durante l’orario di lavoro a beneficio delle singole attività del dipendente ed è spesso utilizzata a supporto dell’adozione di nuove tecnologie ed erogata direttamente dai fornitori. Grazie poi all’investimento di POLIMI Graduate School of Management (Consorzio Società per Azioni senza fini di lucro, composto dal Politecnico di Milano e da un gruppo di primarie aziende italiane e multinazionali ndr) ci stiamo ora avvicinando al mondo corporate, più strutturato e più grande, per il quale abbiamo integrato la nostra offerta di professionisti specializzandoli in tematiche inerenti il wellbeing, per migliorare la qualità della loro vita, sia al lavoro che a casa. Stiamo inoltre costruendo un ecosistema di partner e istituzioni per educare ad educare: bisogna sensibilizzare le persone all’importanza della formazione sia professionale che personale. Deve essere un modello di divulgazione, innanzitutto.

Il vostro team da quante persone è composto, che tipo di modalità di lavoro scegliete e quali sono le tutele per il vostro personale in materia di welfare?

Oggi siamo un team “agile” di dieci persone tra professionisti esterni e dipendenti in azienda. Promuoviamo dinamiche di apertura perché, quando ce n’è bisogno, andiamo a cercare esperti e esperte all’esterno della nostra realtà. Essendo una start up, siamo soggetti a innumerevoli cambiamenti. Stiamo inoltre attraversando un momento di transizione che vedrà la trasformazione in una full remote company. Progetto ambizioso volto a creare un’intelligenza collettiva che si basi sull’affiatamento del team e che possa essere maggiormente sollecitato da modalità di lavoro non in presenza.

L’unico giorno di presenza in ufficio richiesta dovrà essere occasione di contaminazione, di scambio, di voglia di stare insieme. Da ciò, vorremmo far derivare un manifesto da diffondere come esempio anche per le altre realtà. Rispetto al welfare, ogni dipendente ha un proprio budget annuale da spendere, per qualsiasi prestazione, che sia una visita o una manicure, che poi deduciamo dalla spesa aziendale. Non stiamo dando loro più soldi, ma offriamo l’opportunità di volersi del bene.

Secondo il vostro osservatorio, la formazione aziendale è sempre di più esternalizzata? Se sì, perché?

In qualità di membro del direttivo di Edtech italia, associazione di start up attive nel mondo education, confermo questa tendenza. Permangono certo delle academy interne, specie nelle corporate più grandi, finalizzate a trasmettere un determinato tipo di conoscenza sul prodotto già a disposizione della realtà in questione, mentre il resto viene svolto in outsourcing. Attingere da fornitori e/o tecnologie sviluppate da chi fa solo quello di lavoro è decisamente molto più semplice: la formazione del resto è ancora vista come un costo e non come una risorsa. Il problema non è tanto formare ma capire su cosa formare, per intercettare su quali segmenti si svilupperà il mercato nel futuro prossimo.

Lucia Medri

L'articolo “Educare ad educare”: la formazione mirata per intercettare il mercato che cambia proviene da WeWelfare.

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