William il rivoluzionario, cento anni fa nasceva il grande scrittore Burroughs

William il rivoluzionario, cento anni fa nasceva il grande scrittore Burroughs
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Giovedì 6 Febbraio 2014, 16:32 - Ultimo aggiornamento: 10 Febbraio, 18:52
Ecco come si fa: fisso il mio interlocutore negli occhi, dico con voce bassa e severa: “Io ti parlo, tu sei obbligato ad ascoltarmi”,

poi devo intensificare lo sguardo e aggiungere: “Non puoi sfuggirmi”». Aveva appena quindici anni William Burroughs quando scrisse queste parole in un breve saggio che uscì sulla rivista del liceo che allora frequentava. L’adolescente che sarebbe diventato il padre del pensiero ribelle di matrice americana del secolo scorso, di cui ricorre oggi il centenario della nascita, aveva già ben chiara la tecnica da impiegare per sottomettere, grazie a un fascino magnetico, ogni uomo o donna con cui entrava in contatto. «Impossibile tenergli testa», confida Allen Ginsberg a un amico dopo il loro primo incontro.



Discendente di una ricca famiglia di imprenditori di Saint Louis, entra presto in rotta di collisione con il mondo borghese dal quale proviene. Vuole diventare un «cartografo di aree psichiche» e con questo obiettivo sceglie di occuparsi di letteratura e di antropologia ad Harvard prima di trasferirsi a Vienna per frequentare un corso di medicina. Lo scoppio della guerra lo costringe ad arruolarsi ma l’esercito lo congeda perché una perizia stabilisce che «costituisce un pericolo per la disciplina delle truppe». Se si tratti di un’allusione a un’omosessualità sempre esibita i biografi non sono riusciti a stabilirlo. Abbandonata la divisa, prova ogni tipo di droga, quindi intraprende un vagabondaggio su scala planetaria con soste a Città del Messico (dove nel 1951 uccide la moglie durante un gioco di abilità con la pistola), Tangeri, Parigi e Londra prima del rientro negli Usa nel 1976, accolto come il profeta della controcultura e di tecniche innovative capaci di rivoluzionare narrativa, musica e cinema.



I LIBRI

In gran parte dei suoi libri si scorge un impianto autobiografico. A partire da La scimmia sulla schiena (1953), e quindi in Pasto nudo (1959), La morbida macchina (1961), Nova Express (1964) o Il biglietto che esplose(1967), trae spunto dalla tossicodipendenza e dalle battaglie condotte contro il potere utilizzando la tecnologia. Ma le esperienze personali costituiscono solo il punto di partenza per esperimenti che lo consacrano padre dell’avanguardia della seconda metà del secolo scorso, l’erede dei surrealisti e delle acrobazie linguistiche joyciane. Norman Mailer, ricordandolo dopo la morte nel 1997, lo definì «il genio dell’America del Novecento». Sotto il profilo stilistico è la tecnica del “cut up”, di brani narrativi sovrapposti a notizie tratte dalla cronaca, a renderlo celebre. Il postmoderno ha con lui un enorme debito perché è stato Burroughs ad aprire la strada al rimescolamento di alto e basso. Così spiegava gli obiettivi del “cut up” in una intervista degli anni Sessanta: «Favorirà la fusione tra arte e scienza. Gli scienziati stanno già studiando la genesi del processo creativo e credo che a breve la linea di demarcazione tra arte e scienza verrà superata. Spero che gli scienziati diventeranno più creativi e gli scrittori più scientifici».



LE FOLLE

Quella che indicava ad altri come la strada del futuro costituiva il suo presente, almeno nella parte finale della vita. Molte testimonianze ci raccontano degli appelli a utilizzare nuove tecnologie «per aprire la mente e sfruttarne tutte le potenzialità percettive» durante le conferenze, i festival di poesia, i convegni ai quali partecipava con volto impassibile, indossando una sorta di divisa composta da grisaglia, cravatta e gilet. Non amava le folle, ma migliaia di persone accorrevano ad ascoltarlo in occasione di ogni uscita pubblica e Burroughs non si sottraeva al loro abbraccio perché voleva affascinare i suoi interlocutori. Era un obiettivo reso esplicito nel testo giovanile uscito sulla rivista del liceo, che non dimenticò mai e gli permise di diventare una figura leggendaria che ancora esercita un’influenza profonda in molti ambiti.
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