Marco Ventura
Marco Ventura

L’anniversario/ I 75 anni della Nato ricordano a tutti la difesa della pace

di Marco Ventura
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Giovedì 4 Aprile 2024, 00:47

Settantacinque anni e li porta benissimo. Oggi cade l’anniversario della firma del Trattato Atlantico tra dodici Paesi guidati dagli Stati Uniti. Nel giorno del suo compleanno, la Nato si conferma un’Alleanza di cui non solo c’è bisogno per la difesa del “mondo libero”, ma anche per affrontare le variegate sfide di un globo attraversato da imperialismi e terrorismo. Nel 1949, la guerra sembrava ancora possibile e ha continuato a incombere sull’Europa Occidentale come un incubo, una minaccia che si affacciava oltre la Cortina di Ferro, incrociando l’Atlantico fino a lambire gli Usa da Cuba. Oggi si è tornati indietro e dopo l’implosione del nemico sovietico, dopo l’illusione pacifica degli anni ’90, risorgono i fantasmi di un conflitto diretto con Mosca, diventato concepibile in un contesto mondiale nel quale la Russia di Putin è, oltretutto, per nulla isolata.
La novità che ci riporta al passato, a 75 anni fa, è che noi e le nuove generazioni dobbiamo imparare rapidamente a comprendere che la pace non è un destino, e che la guerra è possibile.

Per alcuni, anzi, probabile. Ci siamo dimenticati cosa significhi una sirena aerea, la corsa verso un rifugio, l’esplosione vicina di un razzo, il rombo minaccioso di un caccia. Perfino in un Paese di secolari tradizioni guerriere come il Regno Unito, si sta perdendo la familiarità con le armi e la predisposizione a immaginare di dovere, un giorno, “andare al fronte”. Questa consapevolezza, però, non manca ai nuovi Paesi dell’Est Europa e Baltici che si sono uniti alla Nato facendone un’Alleanza di 32 Stati. Gli ultimi due, Finlandia e Svezia, hanno chiuso il cerchio scandinavo e sono entrati di corsa, nonostante che fino all’invasione russa dell’Ucraina, nel febbraio 2022, insistessero fieramente sulla propria scelta di neutralità. C’è una bella differenza tra la Nato e altre alleanze militari di oggi o passate. Anzitutto, si tratta di un’Alleanza che mantiene la sua natura difensiva e serve da ombrello di mutuo soccorso per popoli che si riconoscono quasi tutti nei valori della libertà e democrazia.

Non è solo un’alleanza militare, ma politica, un luogo di collaborazione che ha funzionato egregiamente per i fini per cui è nata. Al contrario dei componenti del Patto di Varsavia, in gran parte oggi membri della Nato, era ed è fondata sulla libera volontà di aderire. 

E questa è la ragione per cui la porta era ed è aperta all’ingresso di Ucraina o Georgia o Moldova, o qualsiasi altro Paese sposi la filosofia della mutua difesa nel nome della libertà e dell’autodeterminazione. Ed è questa la sua forza, anche se non mancano le difficoltà. Fra le altre, quella di trovare il degno successore del segretario generale, Jens Stoltenberg, già premier norvegese. O quella di fare i conti col futuro incerto dell’alleato che da solo conta, per la sua forza militare, più degli altri messi insieme: gli Stati Uniti, sui quali grava l’interrogativo del prossimo inquilino alla Casa Bianca. Esattamente come all’inizio degli anni ’50, si parla oggi della possibilità di una difesa europea, necessaria proprio per affrancarsi dalle alterne vicende elettorali degli Stati Uniti, ma che tutti immaginano pur sempre legata alla Nato. Chi entra nell’Alleanza lo fa per paura di vicini aggressivi, chi vi è entrato ringrazia di avere oggi la protezione del famoso art. 5 del Trattato, il quale prevede la concreta solidarietà di tutti in caso di attacco a uno solo degli ormai 32 membri. La Nato potrà dover allargarsi, avere un segretario generale donna per la prima volta, approfondire la propria dimensione industriale e tecnologica, anche doversi confrontare con la nascita prima o poi di una difesa europea, ma nessuno, soprattutto oggi, può mettere in dubbio la necessità della sua permanenza e, anzi, del suo rafforzamento. Chi ci difende, sennò, dai “cattivi”? 

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