Appalti pilotati in Provincia,
per le bugie altri due nei guai

Il sostituto procuratore Manuela Comodi
di Egle Priolo
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Martedì 15 Aprile 2014, 19:01 - Ultimo aggiornamento: 20:07
PERUGIA - Falsa testimonianza e calunnia. Chi per aver smentito quanto certo perch sentito nelle intercettazioni della polizia (anche se non inutilizzabili come prova in questo processo) e chi per aver ritrattato le dichiarazioni messe a verbale perch volevo tornare libero.

Invece di proseguire in apatica sordina, il processo Appaltopoli, nato come il più grande scandalo delle amministrazioni pubbliche per quegli appalti della Provincia di Perugia considerati pilotati, si rinvigorisce di nuove accuse dopo le testimonianze sentite lunedì.



Un vento di guerra nell'Aula degli affreschi con il pm Manuela Comodi ad attaccare non più soltanto i 41 imputati per cinque aziende, ma due testimoni che rischiano un processo dopo che il sostituto procuratore ha chiesto la trasmissione degli atti e ha anticipato la volontà di appellarsi alla sentenza del collegio che ha dichiarato inutilizzabili le intercettazioni telefoniche.



La prima nuova accusa, infatti, arriva da qui: sul banco dei testimoni c'è l'enologo Michele Baiocco, chiamato a spiegare perché l'azienda agricola che gestiva per l'imputato Carlo Carini avesse rapporti commerciali con la società Tecnostrade (coinvolta nell'inchiesta) tanto da acquistare, nonostante si occupasse di appalti e costruzioni, bottiglie di vino. Non sa o non ricorda, Baiocco, mentre il pm insiste che la verità sia in quelle telefonate negate che quei rapporti, considerati non leciti, li spiegherebbero benissimo. Da qui la richiesta della trasmissione del verbale per falsa testimonianza e la promessa dell'appello: «Quelle conversazioni esistono e se in secondo grado i giudici - dice Comodi - avranno altre idee sulle intercettazioni, il testimone risponderebbe di falsa testimonianza».



«Mi avevano detto che avrebbe ritrattato». Il pm ha poi apostrofato così l'artigiano edile (imputato) Maurizio Nanni che ha parlato di cose «false, frutto di menzogne» riguardo ai verbali firmati nel 2007 «perché ero ai domiciliari e volevo tornare libero». Per lui gli atti tornano indietro con l'accusa di calunnia. Altri imputati che hanno deciso di farsi ascoltare (le difese ribadiscono la correttezza dell'operato dei loro assistiti) hanno spiegato i rapporti tra la Provincia e gli imprenditori, compresi incontri negli uffici per parlare «di appalti e motociclismo». Ma ora è il processo che riprende a correre
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