Primarie Pd, ultime scintille: rush finale per Renzi, Cuperlo e Civati. Oggi si vota dalle 8 alle 20

Cuperlo, Renzi e Civati (foto Emilio Andreoli - LaPresse)
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Sabato 7 Dicembre 2013, 11:25 - Ultimo aggiornamento: 8 Dicembre, 09:14

Si alza la temperatura tra gli sfidanti alle primarie del Pd.

Due milioni di elettori sono attesi oggi nei gazebo per scegliere chi sarà il nuovo segretario tra Matteo Renzi, Gianni Cuperlo e Pippo Civati. Si vota dalle 8 alle 20 in oltre 9mila seggi.

Possono votare anche i 16enni ma accompagnati da almeno un genitore. Sul di domani delle primarie, il Pd precisa che potranno votare anche i sedicenni purchè accompagnati da uno dei genitori o da chi ne fa le veci. «Si precisa - afferma una nota del Pd - che ai sensi dell'art.2, comma 8, dello statuto nazionale del Partito democratico, possono partecipare alle primarie per l'elezione del segretario nazionale del Pd indette per domani anche i cittadini italiani che abbiamo compiuto il sedicesimo anno di età, anche se non iscritti al partito democratico, a condizione che siano accompagnati da almeno uno dei genitori o da chi ne fa le veci. In assenza di uno di tali soggetti maggiorenni, al minore non dovrà essere consentito l'accesso al seggio».

I tre candidati intanto sparano le loro ultime cartucce.

Per Renzi «non tutto è deciso». «Meno 1 al nuovo Pd che sogniamo insieme da sempre», scrive il sindaco su Facebook. Cuperlo critica Renzi: «Pensa troppo alle performance tv», ma dietro gli «slogan ben detti» ci sono «ricette antiche e sbagliate». Civati assicura: «Con me si rinnova, nel segno di una sinistra moderna». Poi anche lui manda una frecciatina a Renzi: è «come Fonzie quando non riesce a chiedere scusa».

Alle urne anche Romano Prodi che spiega: dopo il pronunciamento della Consulta sul porcellum il voto «assume un valore nuovo. Necessario difendere a ogni costo il bipolarismo».

Renzi. «Non è vero che per le primarie è tutto già deciso, tutto già scritto: lo dicono per tenervi lontano dai seggi e per dire che la politica non serve a niente». È il messaggio rivolto da Renzi agli elettori a Reggio Emilia nell'ultima giornata di campagna. «Le primari - ha continuato Renzi - devono restituire il diritto a credere che cambiare sia possibile. Sul tema della legge elettorale ha deciso la Corte costituzionale, sul caso Stamina, del quale non voglio entrare nel merito, ha deciso il Tar, sui bilanci dicono che decida l'Europa. Le primarie sono un'occasione per dire che non è vero che noi non contiamo niente e che il nostro futuro lo decidono tecnici e burocrati. Quella di domani non è una scelta fra me, Gianni e Pippo, ma la scelta se vogliamo davvero cambiare».

Cuperlo. «La cosa che più mi ha addolorato è che io ho cercato di parlare di futuro, dell'idea di partito e di paese che ho in testa. Della necessità di cambiamento. Ma io continuo ad essere descritto come l'uomo dell'apparato e della continuità. Ma se mi guardo attorno io trovo la continuità nelle ricette di Renzi. Flessibilità nel mercato del lavoro, blairismo, articolo 18, attacco ai sindacati. Cosa è questa se non continuità? Nemmeno il Labour di Milliband parla più di blairismo e parla di diritti e dignità della persona. Il sindaco di New York parla di reddito minimo. Il destino del Pd non è la moderazione ma il cambiamento. Serve una grande forza della sinistra», ha sottolineato Cuperlo.

Civati. «Vorrei che il Pd a livello nazionale promuovesse una grande campagna perché le leggi regionali che regolano i fondi a disposizione della politica vengano cambiate tutte insieme», ha detto Civati, giunto stamane in Sardegna per chiudere la sua campagna elettorale in vista delle primarie del Pd. Secondo Civati esiste una problema morale. «L'altro giorno abbiamo visto un servizio televisivo su Cota in Piemonte, tra le mutande e il formaggio, cose veramente bizzarre. Penso che anche Francesca Barracciu (europarlamentare del Pd e candidata governatrice in Sardegna per le regionali 2014, indagata nell'inchiesta sui fondi dei gruppi, ndr) debba spiegare la situazione, ma il partito prenda una decisione alla svelta».

«So che D'Alema sta pensando di candidarsi alle elezioni europee, ma a questo punto meglio che lasci la politica e si ritiri a via privata», ha poi detto Civati, dopo la polemica esplosa su una frase di D'Alema su una esponente pugliese del partito. «La battuta di D'Alema che paragona l'Assessore regionale Elena Gentile a un pugile è degna del peggior Berlusconi. Questo è un Paese con una grave "questione maschile", come l'ho definita nel mio documento congressuale, e un commento di questo genere, inaccettabile per un esponente del Partito Democratico, lo dimostra», ha concluso.

D'Alema. «È in corso una polemica totalmente fasulla e strumentale», ha commentato D'Alema. «Chiunque abbia assistito all'incontro dell'altro giorno, infatti - ha spiegato l'ex premier - ha capito che io mi riferivo al carattere e alla combattività di Elena Gentile. Si trattava di un commento scherzoso a un'immagine nella quale eravamo raffigurati come sfidanti solo Scalfarotto ed io, con una evidente discriminazione nei confronti di Elena Gentile, che io rispetto e ho sempre rispettato. Verso Elena Gentile - ha proseguito D'Alema - non ho nessuna ragione di conflitto, ma un dissenso legato alla fase congressuale del partito».

Prodi. «Se non c'è un Pd forte, si rischia lo sfascio della democrazia nel Paese». Così Prodi in un'intervista al Mattino, dopo avere deciso di andare a votare alle primarie del Pd che, spiega, a seguito della pronuncia della Consulta «assumono un valore nuovo». Prodi sottolinea: «Sono stato obbligato a ripensare decisioni precedentemente prese prima della recente sentenza della Corte costituzionale», con la cancellazione della legge elettorale «è necessario difendere a ogni costo il bipolarismo». E ribadisce: «In questa situazione così drammatica mi farebbe effetto non mettermi in coda con tanti altri cittadini desiderosi di cambiamenti, cioè non partecipare ad una competizione per rimettere in moto partecipazione politica, senso di comunità di idee, spingere soprattutto i giovani all'impegno politico».