Papa Leone XIV, in Perù sopravvisse a una bomba che distrusse parte della chiesa. L’ex chierichetto: «Diedi a mia figlia il nome di sua madre»

Per sottrarre i giovani alla criminalità, il giovane Prevost assumeva allenatori di karate, nuoto e basket

Papa Leone XIV, in Perù sopravvisse a una bomba che distrusse parte della chiesa. L’ex chierichetto: «Diedi a mia figlia il nome di sua madre»
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mercoledì 14 maggio 2025, 17:45 - Ultimo aggiornamento: 15 maggio, 07:24

Papa Leone XIV, allora conosciuto come Robert Prevost, sopravvisse a una minaccia di bomba che distrusse la porta della chiesa dove celebrava messa in Perù. Era un giovane missionario agostiniano da poco arrivato in un picolo vilaggio del Paese dell'America Latina, in una dei momenti più bui della storia del Paese, quando il gruppo di guerriglia maoista Sendero Luminoso faceva tremare villaggi e città. Nonostante gli avvertimenti e i pericoli, Prevost decise di restare: «Aveva un’aura che parlava alla gente. La gente accorreva in massa da lui».

 

Gli inizi: jeans, spagnolo stentato e un carisma naturale

Era il 1985 quando il giovane Robert Prevost, proveniente da Chicago, arrivò a Chulucanas, città del nord del Perù, ai margini della giungla. Allora aveva l’aspetto di un missionario fuori dagli schemi: jeans, uno spagnolo incerto ma un’energia contagiosa. A raccontarlo a Reuters è Hector Camacho, oggi 53enne, all’epoca adolescente e chierichetto nella parrocchia del piccolo villaggio di Yapatera, dove un tempo Prevost predicava. Camacho ricorda il giovane Prevost come un prete in grado di conquistare tutti: «È venuto qui quando era molto giovane, ma ringraziamo quel ragazzo che ha camminato con noi, ha giocato a basket nell’arena e ci ha portato in spiaggia per il fine settimana».

Prevost imparava lo spagnolo chiedendo aiuto ai chierichetti, li coinvolgeva in attività per sottrarli alla criminalità e perfino assumeva allenatori di karate, nuoto e basket. Accompagnava la comunità anche nei lunghi pellegrinaggi tra le chiese di mattoni di fango della regione, a piedi o a cavallo, portando crocifissi e vino cerimoniale.

Bombe, minacce e la scelta di restare

Il Perù degli anni Ottanta era attraversato da un sanguinoso conflitto interno: l'organizzazione guerrigliera peruviana d'ispirazione maoista, Sendero Luminoso, combatteva le forze governative. Quella spirale di violenza avrebbe causato circa 70mila vittime. In quel contesto, anche la chiesa era un bersaglio. Fidel Alvarado, oggi sacerdote della diocesi di Chulucanas, ricorda bene quel periodo: «Una bomba distrusse la porta della chiesa e Prevost ricevette minacce di morte. A lui e agli altri sacerdoti nordamericani venne detto di andarsene entro 24 ore, altrimenti sarebbero stati uccisi». Ma nessuno di loro se ne andò: «Ciò che li ha convinti a restare sono state le persone».

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La vita di Prevost in Perù

La stanza di Prevost nella residenza della diocesi era semplice ma accogliente: letto, scrivania, una poltrona e un bagno in comune. Pregava ogni mattina alle 5:00 in una sala ornata da vetrate e guidava il suo pick-up attraverso le zone rurali. Cristobal Mejia, oggi vescovo di Chulucanas, lo ricorda come «un uomo studioso» e profondamente devoto. Iniziò anche a gustare la cultura locale, diventando cittadino peruviano nel 2015 e apprezzando piatti tipici come ceviche e chicharrón di pollo. Dal 2015 al 2023 fu vescovo della città di Chiclayo, non lontano dalla sua prima parrocchia.

Un “pastore che ha odore di pecora”

La sua impronta rimase nel cuore della comunità. Molti ancora oggi lo descrivono con la frase: «un pastore che ha odore di pecora», ovvero un uomo vicino ai suoi fedeli. «Ci ha sempre parlato del valore della comunità, che è parte della bellezza di Sant’Agostino», ha spiegato Alvarado. Non a caso, Leone XIV sarà il primo papa dell’ordine agostiniano. E sebbene qualcuno sperasse che il nuovo pontefice scegliesse il nome “Agostino”, Prevost ha preferito evitare che l’attenzione si concentrasse sull’ordine.

Vicino al popolo peruviano

Oscar Antonio Murillo Villanueva, sacerdote della vicina Trujillo, ha conosciuto Prevost negli anni ’80. Lo ricorda come una presenza solida anche nei momenti di crisi: «Ha sofferto insieme al dolore del popolo peruviano. Non è mai rimasto in silenzio sulle ingiustizie che si sono verificate qui... sui massacri, sulle inondazioni, sull’inerzia dei governanti».

Mildred, la figlioccia del futuro Papa con il nome di sua madre

Camacho, il piccolo chierichetto di Prevost - oggi adulto -, che rimase in contatto con lui anche dopo il trasferimento a Trujillo, racconta: «Non l’ho mai visto arrabbiato o emotivo. Un giorno stava facendo le valigie: sua madre era morta. Io piangevo, ma lui aveva questa calma. Era preparato, come se sapesse che Dio l’avrebbe accolta».

Quando Camacho chiese di poter dare a sua figlia il nome della madre di Prevost, il futuro Papa acconsentì, diventandone poi padrino. Mildred Camacho, oggi 29enne e madre di famiglia, ha mantenuto i contatti con Prevost per anni. «Mi ha mandato lettere, mi ha raccontato dei suoi viaggi, delle sue missioni», ha detto mostrando le foto ricevute. «La sua frase era sempre: tenetemi nelle vostre preghiere, così come io vi ho presenti nelle mie».

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