Google limita l'accesso dei siti di news
a pagamento: gratis solo cinque articoli

Google limita l'accesso dei siti di news a pagamento: gratis solo cinque articoli
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Mercoledì 2 Dicembre 2009, 09:21 - Ultimo aggiornamento: 27 Dicembre, 21:40
NEW YORK (2 dicembre) - Google apre ai contenuti editoriali a pagamento sul proprio motore di ricerca e sull'aggregatore Google News, lanciando un dispotivo che obbliga i navigatori a identificarsi e a pagare nel caso in cui consultino oltre cinque articoli dai siti - come quello del Wall Street Journal - che già fanno pagare l'accesso ai servizi.



«Abbiamo deciso di permettere agli editori di limitare il numero di accessi gratuiti», spiega il primo motore di ricerca la mondo, evidenziando come la decisione fa in ogni caso dì che i contenuti siano «accessibili a un ampio pubblico. Siamo coscienti - ammette Google - che creare contenuti di qualità non è facile e spesso è costoso».



L'apertura di Mountain View arriva poco dopo l'ennesima “strigliata” del magnate Rupert Murdoch,
numero uno di News Corp. Intervenendo a un convegno organizzato dalla Federal Trade Commission e dal titolo «Come può il giornalismo sopravvivere all'era internet», Murdoch ha ribadito ancora una volta che gli aggregatori di notizie on line devono pagare per i contenuti che distribuiscono perchè le notizie di qualità non sono gratuite e non possono dipendere solo dalla pubblicità. «Alcuni pensano che sia un loro diritto prendere contenuti e utilizzarli per i loro scopi senza contribuire con un penny alla loro produzione. Questo non è un utilizzo corretto. Per dirlo in modo scortese, è un furto» spiega Murdoch tornando all'attacco sul ruolo giocato dagli aggregatori di informazioni on line. Murdoch ha quindi sottolineato che gli aggregatori dovrebbero pagare per i contenuti che utilizzano e che News Corp‚ aperta a valutare diverse modalità di pagamento. Evidenziando come il futuro del giornalismo è «più promettente che mai» anche nell'era internet, Murdoch ha osservato come a suo avviso altri quotidiani «falliranno».



Per prosperare il giornalismo ha bisogno - aggiunge Murdoch - di tre cose: produrre le notizie che la gente vuole, quando e dove le vuole e innovare come mai prima; convincere i consumatori che devono pagare per le informazioni e i contenuti on line; il governo deve spianare la strada agli investimenti e all'innovazione riducendo gli ostacoli non necessari alla crescita e agli investimenti. Il magnate australiano si è detto quindi spaventato da un eventuale ingresso del governo nel giornalismo commerciale, ipotesi che dovrebbe far rabbrividire tutti coloro che hanno a cuore il Primo Emendamento della Costituzione americana, che garantisce la libertà di culto, parola e stampa, oltre a quello di riunirsi pacificamente e di appellarsi al governo per correggere i torti. Il crescente rullo di tamburi su possibili aiuti governativi è preoccupante quanto un'eccessiva regolamentazione nel settore dell'editoria.



Con aiuti pubblici - osserva Murdoch - si intende anche l'utilizzo di fondi dei contribuenti per aiutare il giornalismo la concessione di aiuti al giornalismo: così facendo si aiuterebbero le società che producono ciò che i consumatori non vogliono, concedendo sussidi ai fallimenti e penalizzando il successo. Una delle cose che il governo potrebbe e dovrebbe invece fare è la rimozione di qualsiasi limite sulla proprietà incrociata di quotidiani e televisioni. Molte regole sono basate su assunti e modelli di business del 20mo secolo, secondo i quali se il governo è preoccupato per la sopravvivenza del settore dell'editoria, si deve far carico di norme arbitrarie e contraddittorie che prevengono investimenti nel settore.



«È positivo il fatto che Google riconosca il valore del contenuto editoriale dei giornali e la necessità che sia sostenuto il costo economico da chi se ne avvale» spiega il presidente della Fieg Carlo Malinconico. Il presidente della Fieg osserva tuttavia «che siamo ancora lontani dalla soluzione del tema sollevato dagli editori italiani. Non solo perchè una proposta in tal senso non ci è ancora stata fatta, ma soprattutto perchè guarda solo al pagamento da parte dei lettori e non affronta il problema della ripartizione delle risorse di chi, come il motore di ricerca o l'aggregatore di notizie, utilizza il prodotto editoriale altrui per fare profitti pubblicitari».



E dopo la novità relativa alla consultazione a pagamento dopo i primi 5 articoli sembra che Google stia per lanciare una piattaforma parallela per Google News. La decisione, apprende l'Adnkronos, dovrebbe essere annunciata nelle prossime ore. In pratica si tratta della conseguenza pratica dell'istrutturia avviata nell'agosto scorso dall'Antitrust italiana nei confronti di Google per abuso di posizione dominante nei confronti degli editori. In questo modo gli editori potranno decidere di volta in volta se stare sulla nuova piattaforma oppure sul normale motore di ricerca Google.
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