È un viaggio fra centinaia e centinaia di documenti, cimeli, lettere, libri, disegni e ritratti (da Pasolini a Scola, da
Pazienza a Echaurren), manifesti dei suoi film, caroselli e pubblicità, costumi (da quello pinocchiesco di “Totò a Colorì" all'uniforme del Pazzariello in L'oro di Napoli), installazioni, video, testimonianze e fotografie, comprese quelle, novità dell'allestimento romano, delle sue sette case nella capitale, dalla prima vicino la stazione Termini del 1930 a quella dove è morto ai Parioli nel 1967.
«Noi napoletani discutiamo su tutto ma non sul genio di Totò - dice il Sindaco partenopeo Luigi de Magistris - ora vorremmo portare anche a Bruxelles e New York la mostra su questo artista che è immortale perché attualissimo». Ad esempio «ora che siamo quasi in tempo di elezioni - aggiunge il sindaco - non può non venire in mente la
pernacchia con cui in “L'oro di Napoli” prendeva in giro l'ordine costituito». Per Alessandro Nicosia la mostra «racconta le due anime di Totò. Una è quella dell'artista, nel suo percorso dall'avanspettacolo al teatro, al cinema, ma anche nella poesia, con capolavori come “A livella”, che qui si può ascoltare recitata da lui e nella musica, con le sue canzoni interpretate anche da altri artisti.
L'altra è del principe De Curtis, che era molto solitario e schivo a volte triste. Di lui raccontiamo gli amori, come quello per Franca Faldini, ma anche quello per gli animali, e per la sua città Napoli; le sue passioni, con il chiodo fisso dell'araldica, ma anche la generosità». Questo Paese «ha massacrato molti dei suoi artisti ed è successo anche a Totò, che è stato a lungo snobbato dalla cultura ufficiale - ricorda Vincenzo Mollica -. Abbiamo intitolato la mostra “Totò genio” perché era eclettico e straordinario in tutto quello che combinava, metteva sempre tanto di vissuto».
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