Esce il film "Alice e il sindaco"
la politica salvata da una filosofa

Fabrice Luchini e Anais Demoustier nel film "Alice e il sindaco"
di Gloria Satta
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Sabato 25 Gennaio 2020, 09:06
PARIGI
Nella Francia degli scioperi e dei gilet gialli, un film riconcilia la gente con la politica ”nobile” fatta di contenuti anziché di insulti: Alice e il sindaco, diretto da Nicolas Pariser, interpretato da un grande Fabrice Luchini in coppia con l’attrice 29enne Anaïs Demoustier, successo da 700mila spettatori atteso nelle sale italiane il 6 febbraio. Luchini interpreta Paul, primo cittadino socialista di Lione: in crisi di idee, ingaggia come consulente Alice, una giovane e brillante filosofa. Al loro scambio intellettuale fatto di dialoghi profondi, ispirati dai grandi del pensiero, fanno da contraltare le lotte per il potere, le rivalità, i colpi bassi che caratterizzano l’amministrazione pubblica. E una campagna elettorale da cui il sindaco esce politicamente sconfitto ma intellettualmente arricchito: dopo l’incontro con Alice, ha ripreso a leggere dei libri...
LA CRISI
«Il film, che ho girato essenzialmente per poter lavorare con Luchini, racconta la crisi della sinistra», spiega il 45enne Pariser, «ed è tanto piaciuto al pubblico perché oggi sono tanti a interrogarsi preoccupati sull’avvenire dei progressisti. Forse, se avessi descritto un contesto di destra, gli incassi non sarebbero stati gli stessi». Il regista si descrive come una persona di sinistra «per tradizione di famiglia. Adoro discutere di politica ma non sono un militante. E questo mi risparmia l’angoscia di quelli che la pensano come me e si sentono delusi, addirittura traditi». Un’angoscia che, secondo lui, «Nanni Moretti ha raccontato, nel film in Palombella rossa, meglio di qualunque altro regista. Il suo Habemus Papam parla invece di un uomo a tu per tu con il potere e per questo, in un qualche misura, mi ha ispirato».
ALL’ELISEO
Mentre il pubblico faceva la fila davanti alle sale, anche Emmanuel Macron, incuriosito, ha voluto vedere Alice e il sindaco. «Così ho organizzato una proiezione all’Eliseo per lui e la moglie Brigitte», rivela il regista, «alla fine il Presidente mi ha fatto i complimenti ma ha anche ammesso di non conoscere l’ambiente politico descritto nel film: provenendo dal mondo degli altissimi funzionari di Stato e delle banche, a differenza di un amministratore locale non si è mai mischiato alla gente, non ha dovuto stringere migliaia di mani, non ha cercato di essere amato da tutti. Ed è proprio questo, credo, uno dei problemi più grandi del suo quinquennato».
Sullo schermo, accanto al mostro sacro Luchini, Anaïs Demoustier fa un’ottima figura. «Abbiamo avuto uno scambio alla pari, non mi sono sentita intimidita dal grande attore che, nei miei riguardi, è stato amabile e generossimo. Ognuno di noi ha mantenuto il proprio metodo di lavoro», racconta l’attrice, musa del cinema d’autore francese (è stata diretta da Michael Haneke, Robert Guédiguian, François Ozon), grandi occhi profondi e un’eleganza tutta naturale.
SGUARDO NUOVO
«Per risultare credibile come filosofa, ho cercato di leggere alcuni dei testi evocati dal mio personaggio. Tutti sarebbe stato impossibile...E mi sono sempre preoccupata che i dialoghi del film non risultassero indigesti al pubblico». La giovane attrice afferma di sentirsi delusa dalla politica, «anche se non proprio disperata». E aggiunge che, «come cittadina», grazie al film ha imparato a guardare la realtà con uno sguardo nuovo. «Avevo sempre sentito parlare dei politici in relazione ai loro affari sporchi, poi ho scoperto che il mondo in cui operano somiglia a qulunque altro ambiente di lavoro. Il film non è un atto d’accusa contro i politici: mostra i loro limiti, soprattutto la loro incapacità di fermarsi a pensare perché sono troppo presi dall’azione. Sul set ho capito che i nostri governanti sono uomini e donne come tutti, non certo dei supereroi».
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