Scuola, in quinta elementare a Perugia solo un’italiana in classe. Valditara: «Basta ghetti»

Nella scuola multietnica 22 bambini su 23 sono figli di stranieri

Scuola, in quinta elementare a Perugia solo un’italiana in classe. Valditara: «Basta ghetti»
di Luca Benedetti e Riccardo Gasperini
4 Minuti di Lettura
Venerdì 5 Aprile 2024, 23:43

Nel difficile e multietnico quartiere perugino di Fontivegge, c’è una scuola con un piccolo record: nella classe quinta della Primaria “Pestalozzi” c’è una sola bambina figlia di genitori nati in Italia. Tutti i suoi compagni, ventidue, sono figli di coppie arrivate dall’estero. Un riflesso dell’alta concentrazione di stranieri che vive in quella fetta di città con vista sulla stazione. Ma il numero, dice la dirigente Ida Settembrini, «non deve essere qualcosa che spaventa». Alla “Pestalozzi” «dove si fa un grande lavoro di integrazione» l’auspicio della preside è infatti che quella «torni ad essere la scuola di tutti». Anche degli italiani. 
Isa Settembrini guida l’Istituto Comprensivo Perugia 11 (di cui fa parte la “Pestalozzi”) e ci tiene a mettere in luce impegno e qualità di quella realtà scolastica. «Quel che voglio rimandare è un’immagine positiva - dice - in questa scuola si fanno dei lavori belli, ci sono scambi interessanti, i ragazzini imparano tanto non solo in competenze. Certo una realtà particolare, dove però voglio far emergere il grande sforzo che c’è. L’intento - spiega la preside - è far cogliere all’utenza che questa scuola si vuole riaprire a tutti». 

Parigi, 15enne picchiato e ucciso all'uscita da scuola. «Massacrato da 3-4 persone con passamontagna»

IL MINISTRO 

Quello del numero degli studenti di origine straniera nelle classi è un tema sempre caldo.

Ieri il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, a margine del congresso nazionale dell’Associazione nazionale presidi a Roma ha sottolineato come «si tratta non tanto di fissare tetti rigidi, quanto di realizzare l’obiettivo di garantire una vera inclusione, evitare le classi ghetto, evitare che i ragazzi che non conoscono una sola parola d’italiano siano tutti insieme in maggioranza in una scuola. In questo modo non si fa loro del bene e neanche ai pochi italiani che rimangono in quella classe». «L’obiettivo - ha aggiunto il ministro - è quello di studiare una riforma seria. È un tema già posto da Berlinguer, firmato da Ciampi, riproposto da Gelmini. Non è un tema propagandistico come è stato scioccamente detto, è un tema serio da affrontare con serietà». C’è anche il nodo della dispersione scolastica. I numeri certificati dall’Istat dicono che è oltre il 30% per gli stranieri mentre per gli italiani è del 9,8%. La conoscenza dell’italiano è del 22% in meno per gli studenti stranieri rispetto a uno studente italiano. Per il ministro Valditara «significa un anno in meno».

«Se vogliamo il bene di questi ragazzi noi dobbiamo fare qualche cosa per includerli – ha spiegato il ministro - dobbiamo potenziare l’insegnamento dell’italiano e della matematica con corsi specifici per loro e poi dobbiamo evitare che ci siano classi dove la maggioranza dei ragazzi non conosce una parola di italiano, sia perché per l’insegnante è difficilissimo riuscire a spiegare, sia perché è anche più complicato per questi ragazzi». 
Quello della scuola di Perugia è un caso dentro a una regione, l’Umbria, in cui i numeri dicono che gli studenti stranieri sono poco più di 16mila su 116mila alunni totali, quasi il 14%. Nella scuola perugina “Pestalozzi”, della novantina di iscritti suddivisi in cinque classi, la quasi totalità degli studenti è straniera. Così è anche all’Infanzia con indirizzo Montessori, che fa parte del plesso. «Per il prossimo anno abbiamo guadagnato in iscrizioni», dice la preside.

L’IMPEGNO

E in un quartiere dove si è imboccata la via del cambiamento, una scuola lavora «per una realtà possibile» in cui si crescono «cittadini del mondo». Lo racconta una delle insegnanti della classe, Chiara Flamini, che da cinque anni insegna a Fontivegge, quartiere perugino dove a volte la presenza degli stranieri si accompagna al degrado e allo spaccio di droga. «Affrontiamo la situazione curiosamente. All’inizio - dice l’insegnante - non nascondo che è stato difficile e mi sono ritrovata difronte a una complessità che andava oltre l’immaginazione. Poi con il tempo, siamo cresciuti insieme, e oggi la posso definire una realtà possibile. Il tempo - spiega - mi ha permesso di scoprire e imparare tanto. I primi bambini arrivati non italofoni all’inizio mi suscitavano ansia poi ho capito che il loro modo e tempo di assorbire la lingua è rapidissimo e il fatto di avere un bilinguismo di fondo li rende particolarmente ricettivi e vivaci intellettivamente». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA