Roma, uccise la moglie depressa, condannato a dieci anni: «Il rammarico? Non essermi suicidato»

Roma, uccise la moglie depressa, condannato a dieci anni: «Il rammarico? Non essermi suicidato»
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Martedì 19 Marzo 2019, 09:14 - Ultimo aggiornamento: 11:27

«Mi si è spenta la luce». Lo riassume così quel momento Valter Pancianeschi, informatico 64enne, che lo scorso settembre pose fine alla vita della moglie Paola Auditori. Per quell'attimo ieri il gup di piazzale Clodio lo ha condannato a dieci anni di reclusione con l'accusa di omicidio volontario a fronte della richiesta del pm di 12 anni. «Il mio rammarico è non essere riuscito a uccidermi». Erano state poche e fredde parole, quelle pronunciate dall'uomo, difeso dal legale Domenico Pirozzi, in occasione della convalida di arresto per l'assassinio della moglie depressa, due anni più grande di lui, effettuato con una mossa di judo.
Sulla possibilità di reiterazione poggió la decisione della custodia cautelare del gip: la possibilità di nuocere a se stesso visto l'atteggiamento riscontrato dagli inquirenti già dall'arresto operato in via Albalonga, a San Giovanni. Quel giorno sarebbe stato l'ultimo vissuto da Paola, la moglie dell'informatico affetta da depressione. «Non volevo più che soffrisse», disse l'uomo ai carabinieri arrivati a casa. Era disteso anche lui sul letto, come la moglie che l'uomo avrebbe voluto seguire.
 

 

Un coltello da cucina puntato alla gola e la minaccia rivolta agli investigatori: «L'ho soffocata, mi ammazzo non avvicinatevi». Questo il quadro davanti al quale si trovarono i militari del Nucleo Investigativo di piazza Dante. Poi la lunga trattativa e le lacrime del presunto omicida: «Scusate, dovevo farlo», avrebbe spiegato l'uomo una volta portato via. Le motivazioni del gesto sarebbero state contenute in una memoria scritta nella quale sarebbero state descritte le sofferenze davanti alle quali, a suo dire, non sarebbe «valso più a nulla andare avanti».
Gli inquirenti, oltre al risultato dell'autopsia disposta dall'autorità giudiziaria, fecero luce sugli ultimi giorni della coppia vissuti all'ombra della depressione che avrebbe consumato le energie di Pancianeschi. Un solo elemento, come ha evidenziato lo stesso arrestato durante l'udienza di convalida di fronte al gip, era rimasto costante e immutabile: la volontà di porre fine alla sua vita, come dimostrato inizialmente in quei tragici attimi che i carabinieri hanno vissuto aprendo il portone dietro al quale i due giacevano distesi a letto l'una al fianco dell'altro. Ad aspettare la sentenza del gup erano presenti i fratelli della vittima, rappresentati dall'avvocato Marco Benucci.
Enrico Lupino
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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