Via Poma, suicida Pietrino Vanacore:
il 12 avrebbe deposto al processo Busco

Pietrino Vanacore in una foto d'archivio (Ansa)
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Martedì 9 Marzo 2010, 13:44 - Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio, 23:13

ROMA (9 marzo) - Pietrino Vanacore, il portiere di via Poma dove stata uccisa Simonetta Cesaroni, si suicidato: la notizia stata diffusa dal Tg5. Vanacore avrebbe dovuto deporre il prossimo 12 marzo nel processo in corso a Roma nel quale è imputato Raniero Busco, ex fidanzato della Cesaroni.

Il cadavere è stato trovato in mare, nella acque antistanti Torre Ovo, nella marina di Maruggio, con una corda legata a una caviglia e ancorata a un albero che si trova sulla riva. Sul posto sono intervenuti carabinieri e polizia. Vanacore - è stato confermato dagli investigatori - ha lasciato in auto due biglietti, uno nell'abitacolo e uno fissato dal tergicristallo sul parabrezza, con la scritta «20 anni di sofferenze e di sospetti ti portano al suicidio».

Prima di gettarsi in mare forse si è avvelenato. Gli inquirenti e il medico legale giunto a Torre Ovo, vicino Torricella, in provincia di Taranto, dove è stato ritrovato senza vita il corpo di Pietrino Vanacore, l'ex portiere di via Poma, il palazzo di Roma dove fu uccisa Simonetta Cesaroni, non escludono che prima di gettarsi in acqua l'uomo possa avere ingerito o inalato qualche sostanza chimica che potrebbe avere compromesso la sua situazione tanto da non rendere possibile una sua reazione.

Una bottiglia, il cui contenuto sarà da analizzare, è stata ritrovata nella Citroen Ax grigia di proprietà di Pietrino Vanacore. La vettura era parcheggiata lì vicino. La bottiglia era mezza piena. Gli investigatori dell'Arma dei carabinieri e della sezione scientifica dovranno accertare se si tratta dell'anticrittogamico ritrovato nel garage dell'abitazione dell'uomo nella vicina contrada Monacizzo. Secondo una prima ricostruzione degli inquirenti, Vanacore, dopo aver versato nella bottiglia vuota l'anticrittogamico, si sarebbe recato vicino alla spiaggia e poi ne avrebbe ingerito la sostanza. Quindi, in stato di semincoscienza, avrebbe legato una corda alla caviglia con l'altra estremità agganciata a un albero e si sarebbe lasciato andare in acqua. Sul cruscotto sono stati trovati due cartelli con scritte che manifestano intenzioni suicide.

Nel garage trovati anticrittogamici. A questo proposito i carabinieri hanno trovato nel garage del contadino a Monacizzi, frazione di Torricella, a qualche chilometro di distanza, dei flaconi di anticrittogamici. Solo l'autopsia però potrà chiarire se Vanacore ne abbia fatto uso. Per recarsi sul luogo di quello che per gli inquirenti «è al 99% un suicidio», Vanacore ha utilizzato l'automobile. Quindi sarebbe da escludere che possa avere ingerito la sostanza a casa. Potrebbe avere portato con sè un flacone o messo il contenuto in altri contenitori e avere assunto la sostanza nei pressi del luogo dove è stato ritrovato, lo specchio di mare prospiciente la spiaggia di Torre Ovo. In questo caso però sarebbe da chiarire il motivo per il quale si sia agganciata una corda alla caviglia e l'abbia legata a un albero.

Vanacore, ex portiere dello stabile di via Carlo Poma, era stato citato dal pm Ilaria Calò. Essendo stato prosciolto prima dal Gip nel '93 e in via definitiva dalla Cassazione nel 1995 dall'accusa di favoreggiamento, nell'udienza di venerdì prossimo avrebbe potuto avvalersi della facoltà di non rispondere in quanto avrebbe ricoperto il ruolo di indagato in procedimento connesso.

In aula il 12 marzo anche il figlio Luca. Il processo per i fatti del 7 agosto 1990, ovvero per l'omicidio di Simonetta Cesaroni, proseguirà regolarmente il 12 marzo prossimo con le audizioni, tra gli altri, dell'ex datore di lavoro di Simonetta, Salvatore Volponi, e del figlio Mario. Tra i testi citati per quell'udienza c'è anche il figlio di Pietrino Vanacore.

Prosciolto nel '93. Pietrino Vanacore fu arrestato il 10 agosto del '90, con l'accusa di omicidio tre giorni dopo il delitto. Il 16 giugno '93 fu prosciolto dal gip Cappiello perchè «il fatto non sussiste». La decisione divenne definitiva nel 1995 dopo il ricorso in Cassazione. Dopo l'uscita di scena decise di lasciare Roma.

Seconda archiviazione meno di un anno fa. Era stata archiviata nel maggio 2009, una seconda indagine che Pietrino Vanacore aveva subito in relazione all'uccisione di Simonetta Cesaroni. I pm inquirenti (Ilaria Calò e Giovanni Ferrara), nell'ambito dell'indagine su Renato Busco il 20 ottobre 2008 avevano infatti disposto una perquisizione domiciliare nella casa pugliese di Pietrino Vanacore, perquisizione che non aveva portato a nessun risultato utile.

Vanacore era tornato a vivere in Puglia. Vanacore, dalla metà degli anni Novanta, era tornato a vivere con la moglie nella sua terra, a Monacizzo, dove appunto fu compiuta la perquisizione. Monacizzo - che si trova a poca distanza dal luogo nel quale oggi è stato trovato il corpo - è una frazione del comune di Torricella di poco più di 100 abitanti su una collinetta a 52 metri sul livello del mare, nel Golfo di Taranto. Altra frazione di Torricella è Torre Ovo-Librari-Trullo di Mare, nelle cui acque Vanacore si è suicidato.

Il pm Ormanni: 20 di sospetti è sua valutazione. «Il suicidio è un fatto che intristisce e addolora. Il primo pensiero è quello di esprimere una umana compassione, ma i 20 anni di sospetti ai quali allude è, tuttavia, una valutazione personalissima». Lo afferma Italo Ormanni, attuale responsabile del Dipartimento Giustizia del dicastero di via Arenula e già procuratore aggiunto della repubblica di Roma, a proposito del suicidio di Pietrino Vanacore.

Convinto di risolvere il caso. Ormanni, insieme con l'allora sostituto Roberto Cavallone (ora procuratore della Repubblica di Sanremo) ed Ilaria Calò (attuale rappresentante dell'accusa al processo sull'omicidio di Simonetta Cesaroni), è stato uno dei magistrati che ha creduto, grazie alle nuove più sofisticate tecniche investigative, di poter far luce sui fatti di via Poma. «Non è un mistero - ha dichiarato - che alla riapertura delle indagini, dovendo riapprofondire tutte le posizioni, fu deciso di indagare nuovamente anche su Vanacore. Era inevitabile, ma non emersero elementi su di lui. Poi, alla luce delle conclusioni peritali che individuavano una traccia di saliva sul corpetto di Simonetta e indicavano la compatibilità del segno di un morso sul cadavere con l'arcata dentale di Raniero Busco, finimmo tutti per non avere alcun dubbio su quest'ultimo».

Il legale di Pietrino: si sentiva braccato. Pietrino Vanacore «si sentiva braccato, vittima di una continua caccia all'uomo. Non aveva più una sua vita da tanto, troppo tempo. Si sentiva come un detenuto al 41 bis. Lui era un uomo libero, eppure non più libero». È questa la chiave di lettura che l'avvocato Antonio De Vita, legale dell'ex portiere di via Poma, dà alla morte del suo cliente. «Ho parlato con il figlio Mario - racconta il legale - È scioccato e ha espresso parole di dolore ma certo nessuno poteva aspettarsela una fine così violenta. È una morte che fa male ed è peggio di un detenuto che muore in carcere da innocente».

Insieme per la testimonianza. Antonio De Vita seguiva Pietrino Vanacore dall'epoca del delitto di Simonetta Cesaroni e avrebbe accompagnato il suo cliente divenuto ormai un amico anche il prossimo venerdì in Tribunale per essere sentito come testimone. «Ma non era la nuova chiamata a intimorirlo - assicura il legale -. Piuttosto il fatto di doversi nuovamente sentire braccato, accerchiato dai media. Vanacore era psicologiacamente stressato e si sentiva perseguitato, un uomo senza scampo anche se su di lui non c'erano più sospetti».

Un episodio inquietante. C'è un espisodio accaduto alcuni anni fa, quando il delitto di via Poma tornò alla ribalta, che sintetizza e spiega bene quale fosse lo stato d'animo dell'ex portiere «benvoluto da tutti» che aveva deciso di ritirarsi nel suo paesino d'origine. «Una sera, era ormai mezzanotte, Vanacore mi chiamò al cellulare - racconta l'avvocato De Vita -. Era disperato, lui al telefono mi voleva fare sentire lo strepito che si era creato intorno a casa sua: giornalisti e cameramen erano tornati da lui per chiadergli di via Poma. Gli dissi di chiamare i carabinieri». Venti giorni fa, racconta ancora il legale di Vanacore, «aveva subito un intervento. Niente di grave - dice - un intervento routinario, come levarsi un dente ma è chiaro che lui aveva il fisico ormai provato».

Nessun segnale premonitore. La testimonianza che avrebbe dovuto rendere venerdì poteva fare chiarezza sul giallo di via Poma? «Vanacore aveva già detto tutto quello che sapeva. Su di lui - ripete - non c'erano più sospetti. Lui era un innocente che da tempo era uscito di scena ma qualcuno continuava a tirarlo in ballo senza un perchè». Nessun segnale del gesto disperato. «Nemmeno il figlio Mario e la moglie potevano prevedere una cosa del genere - afferma De Vita -. Se solo io avessi avuto sentore che Vanacore non ce la faceva più, sarei sceso io in Puglia per fermarlo ma non c'era il minimo sentore di un gesto del genere. Il paese gli voleva bene ma lui ormai si sentiva un uomo braccato. Gli è stato negato il diritto all'oblio. Voleva la libertà di dimenticare, non gli è stata concessa», conclude l'avvocato Antonio De Vita.

Il figlio: condannato senza processo, lo hanno fatto a pezzi. «Mio padre è stato condannato senza un processo. Lo hanno distrutto, lo hanno fatto a pezzi». È amareggiato Mario Vanacore, figlio di Pietrino. «Sono passati vent'anni, eppure tutte le volte che si è parlato della mia famiglia è stato solo per massacrarci», ha ribadito Mario Vanacore ad alcuni giornalisti che lo hanno interpellato. «Hanno reso la vita di mio padre un inferno», rincara la dose l'uomo, che vive a Torino e fa il portiere in uno stabile dell'elegante quartiere della Crocetta. «Aveva tanti progetti, voleva comperare una casa - ricorda ancora il figlio dell'uomo trovato privo di vita nelle acque antistanti Torre Ovo - ma ha dovuto utilizzare tutti i risparmi che aveva per pagarsi gli avvocati».

L'avvocato dei Cesaroni: si poteva liberare del suo tormento. L'avvocato Molinaro ha detto: «Non abbiamo mai fatto questioni di alcun tipo su Vanacore, neppure quando è stato arrestato. L'esito di questa sua decisione drammatica non può essere ricollegato alla famiglia Cesaroni e la stessa cosa vale anche per il pubblici ministeri che hanno investigato in questi anni». Molinaro, che oggi ha avuto un incontro con il pubblico ministero Ilaria Calò la quale nel processo rappresenta la pubblica accusa ha aggiunto: «Se è vero che Vanacore ha dichiarato sofferenza e tormento interiore significa che è stato lui a chiudersi nel suo silenzio. Se voleva si poteva liberare di questo tormento e invece ha preferito rifiutarsi di rispondere». «La famiglia Cesaroni esprime dolore e dispiacere per il fatto drammatico rappresentato dal suicidio di Pietrino Vanacore. Un fatto è certo, la famiglia non ha mai fatto pressioni su Vanacore, neanche quando è stato arrestato». Lo ha concluso il legale.

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