I mercati e l’Italia: due mesi
di tregua sul fattore rischio

I mercati e l’Italia: due mesi di tregua sul fattore rischio
di Roberta Amoruso
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Mercoledì 7 Marzo 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 10:31

ROMA Torna il sereno sui mercati, e per un giorno Borsa e spread sembrano guardare già oltre le urne, confermando quel senso di “keep calm and carry on” arrivato già nelle prime ore un po’ da tutte le banche d’affari. Ma l’ottimismo dei report ha una sua scadenza, si sa. Come ha una scadenza precisa la pazienza degli investitori internazionali. Anzi. Già ieri si diceva che al di là della cautela delle note ufficiali, i mercati internazionali già guardano a maggio. Perché due mesi posso essere normale prassi per fare chiarezza su un governo difficile da far decollare. Ma tre mesi sono già troppi. E allora la tregua rischia di rompersi se la politica non ne terrà conto.

LE TAPPE
Dunque, a 24 ore da un esito elettorale che non permette certezze, i mercati sembrano aver digerito l’avanzata a sorpresa di Lega e Cinquestelle e tornano a guardare al resto d’Europa e Oltreoceano. Da una parte valutano l’appuntamento di domani con la Bce di Mario Draghi, che non dovrebbe riservare sorprese sul fronte dei tassi. Dall’altra guardano a un allentamento delle tensioni innescate dalla minaccia dei dazi Usa. Di qui il rimbalzo dell’1,7% in Piazza Affari, migliore listino in Europa, con lo spread sceso a quota 132 da 135 della vigilia. 
Del resto, i mercati conoscono bene il calendario obbligato che dovrebbe portare a un nuovo governo. Dopo l’avvio delle consultazioni al Colle previsto in aprile, qualche settimana per rendere operativo un nuovo esecutivo è qualcosa che gli investitori mettono già in conto. In questo caso ci vorrà un po’ di più, dicono i report delle banche d’affari.

E nel frattempo un po’ di volatilità su spread e Borsa è considerata fisiologica. Come dire che qualche picco del differenziale Btp-Bund oltre 160 punti e sotto 190 già toccati a gennaio è considerato ordinaria amministrazione di questi tempi. Prova che il rischio politico in Italia non è più un dossier da maneggiare con cura. Non più come prima, perlomeno. Soprattutto dopo le esperienze elettorali in Spagna e Germania. A patto, però, che la politica faccia le mosse giuste per chiarire gli scenari all’orizzonte e per consegnare le chiavi al nuovo governo, qualunque esso sia. Perché la solidità dell’economia e la tenuta dei conti, non permettono una rendita di lungo periodo. 

E poi c’è la rotta delle riforme su cui continuare a battere senza esitazioni. Di questo si preoccupano gli analisti di Moody’s e Fitch quando tracciano il quadro di un Parlamento «sospeso» con un governo «difficile» da formare, e di un futuro esecutivo «a rischio stabilità» che potrebbe congelare il percorso delle riforme intrapreso finora. Senza contare la prospettiva di nuove elezioni a breve. 
Anche per questo i tempi della «chiarezza» saranno cruciali. Per l’agenzia americana, per esempio, la strategia di bilancio del prossimo governo «sarà la chiave per la credibilità dell’Italia». E «ogni piano per invertire il processo di riforma messo in atto dal precedenti governi, dal lavoro alle pensioni», dicono gli analisti, avrà il suo peso nel giudizio sul rating dell’Italia. «La direzione politica del Paese continuerà ad essere un fattore chiave della solvibilità dell’Italia», aveva avvertito anche Standard&Poor’s a caldo lunedì, escludendo per ora un cambio di rating sul debito.

Così mentre il premier Paolo Gentiloni continua a fare la sua parte nell’Unione rassicurando i leader europei, a partire da Merkel e Macron, anche i banchieri tifano per la continuità verso la crescita. «Ci sarà un governo democratico e secondo noi la crescita proseguirà. L’Italia sarà uno dei campioni d’Europa», ha detto ieri il ceo di Unicredit, Jean Pierre Mustier. «Le elezioni sono un processo che va rispettato» e comunque «da un anno c’è stato un grande cambiamento: i clienti Pmi ci dicono che l’ultimo trimestre è stato il migliore degli ultimi 10 anni».

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